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Il plerotus ostreatus si sviluppa sui tronchi delle latifoglie o su tronchi già essiccati ( ceppaie). Matura dall’autunno alla primavera e gradisce gli inverni con temperature miti. Il fungo si presenta con un insieme di cappelli a ventaglio che crescono uniti assieme al gambo che si diparte da ‘unica base. Il fungo giovane presenta un cappello convesso e unito ad altri che nella fase adulta assume la forma di un’ostrica o, come già detto, di un ventaglio attaccato ad altri cappelli. Il colore di queste strutture è violaceo, marrone o grigio-bianco, con un diametro che arriva anche a venticinque centimetri. Il bordo del cappello è liscio, ma con la maturità tende a diventare ancora più piano e sottile fino a rompersi. La cuticola del cappello è setosa, ma diventa viscida con il clima umido. Le lamelle sono larghe, fitte e attraversate da lamellule. Il loro colore è bianco, crema o grigio. Il gambo è laterale o lievemente spostato al centro, corto, che si assottiglia alla base, di colore bianco e con la presenza di una peluria grigia o grigio-bruno. Questa struttura non supera quasi mai i due centimetri di altezza. Le spore sono bianche e massive. La carne, sempre bianca, è soda e compatta. Odora di farina fresca è ha un sapore dolce, aromatico è più intenso negli esemplari selvatici che in quelli coltivati.
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Il plerotus ostreatus è un ottimo commestibile. Non esistono preparazioni in cui questo fungo non faccia la sua splendida parte. Infatti lo si può consumare grigliato, in padella ( trifolato), al sugo, fritto e impanato. La grandezza del cappello lo rende adatto per numerose preparazioni. Per gustarlo al meglio bisogna lavarlo e privarlo del gambo. Questa operazione va effettuata con estrema delicatezza, perché si rischia di tirar via anche un bel po’ di carne, con un sfido eccessivo sulla quantità da cucinare. Dopo aver rimosso delicatamente il gambo, si procede a lavare i grandi cappelli. Il lavaggio del plerotus ostreatus è molto semplice, perché la superficie piana del cappello facilita l’eliminazione dei detriti. Gli esemplari coltivati sono ancora più puliti e richiedono pochi minuti di lavaggio. Dopo queste operazioni “preliminari” si può decidere di tagliare la carne a fettine e soffriggerla con sugo di pomodoro, sale, prezzemolo e cipolla, oppure cuocerla in padella con gli stessi ingredienti, a eccezion fatta del sugo. Il cappello intero si può grigliare o friggere, magari impanandolo in una pasta fatta di farina, uova, pan grattato e formaggio. Esistono comunque tantissime ricette per preparare il fungo ostrica. Molte sono ben descritte anche nei migliori libri di cucina.
Il plerotus ostreatus è un fungo dalle proprietà incredibili. Per queste stesse proprietà lo si potrebbe classificare anche tra le specie che hanno, in un certo senso, anche proprietà “officinali”, al pari delle erbe. Gli esemplari di fungo ostrica sembrano combattere il problema del colesterolo. Infatti si dice che abbiano proprietà ipocolesterolizzanti. Gli effetti positivi del plerotus ostreatus dipendono dalla presenza di sostanze quali la pectina, i glucidi e la lovastatina. Le prime due riducono l’assorbimento e la formazione del colesterolo nel fegato. Si tratta di fibre che hanno la proprietà di trattenere gli acidi biliari. La terza sostanza, la lovastatina, viene estratta dal fungo e usata proprio come farmaco contro il colesterolo. La parte commestibile del fungo, detta “ parte edibile”, possiede anche notevoli proprietà antinfiammatorie. Il consumo del plerotus ostreatus non è quindi solo buono per il palato, ma anche per la salute. Quando acquistate degli esemplari alle bancarelle del mercato, sappiate anche che vengono chiamati con alcuni nomi comuni, tra cui cerrena, gelone, sbrise, cerlengo, orecchione, orecchietta e naturalmente “fungo ostrica”. Nelle cassette viene comunque riportato il nome scientifico del fungo, ovvero plerotus ostreatus. Il costo dei plerotus ostreatus varia da una zona all’altra. In genere però si mantiene più basso rispetto ad altre specie commestibili. Questi funghi si acquistano infatti a circa 2 o 2,50 euro al chilo, con punte massime di tre euro.
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