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Il gallinaccio è un fungo commestibile che cresce dall’estate all’autunno. L’habitat di questa specie sono i boschi di conifere e latifoglie, dove cresce in gruppi disposti a cerchio. Il gallinaccio si ritrova prevalentemente su boschi di querce e castagni, ad altitudini che possono anche arrivare fino a duemila metri. Il fungo presenta un cappello con margini molto frastagliati, cavo e poi convesso, e con pseudolamelle larghe che decorrono sul gambo. Quest’ultimo si presenta spesso tozzo o addirituttura cortissimo. Gambo e cappello sono di colore giallo o giallastro, caratteristica da cui deriva anche un altro nome comune del fungo, ovvero giallino e gialletto. Il gallinaccio ha una carne bianca, soda, fibrosa e giallastra sotto la cuticola. Il fungo non ha odore da crudo, mentre da cotto emana un odore gradevole e intensamente aromatico. Ottimo anche il sapore, dolce e tipicamente fruttato. Gli esemplari giovani sono i più gustosi, mentre quelli adulti tendono a essere amari. Il gallinaccio è un fungo che deperisce facilmente, per questo è consigliabile consumarlo fresco o subito dopo la raccolta o l’acquisto. Per la sua struttura frastagliata, il gallinaccio tende ad accumulare facilmente la sporcizia nel terreno. Per evitare di danneggiare la carne già delicata, si consiglia di lavarlo abbondantemente con acqua corrente e di non metterlo a mollo. Come già detto, il gallinaccio è un fungo abbastanza conosciuto e diffuso in Italia. Purtroppo, a causa dell’inquinamento, gli esemplari sono sempre più difficili da trovare. Difficile, a volte, è anche individuare i gallinacci giovani o sviluppatesi da poco. Questi ultimi, infatti, si trovano ben nascosti sotto il terreno o sotto i resti vegetali. Il gallinaccio, come si sa, è un fungo di colore giallo. Dello stesso colore anche le spore, che sono ellittiche e massive.
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Il gallinaccio è un ottimo fungo commestibile. Inodore da crudo, emette una gradevole fragranza da cotto. Anche il sapore cambia da cotto: se da crudo è agrodolce, da cotto diventa nettamente dolce e fruttato. Insomma, senza dubbio il gallinaccio è un fungo molto gustoso che si presta a numerose preparazioni. Lo si può preparare cotto in padella e poi condito a insalata o fritto, oppure lo si può essiccare o conservare sott’olio o sott’aceto. Le modalità di preparazione preferite sono la cottura in padella, con un soffritto a base di aglio, olio e sale e una spruzzata di prezzemolo tritato alla fine. Questa ricetta consente di gustare il gallinaccio da solo o in abbinamento con altri cibi. Con questo metodo il gallinaccio viene praticamente preparato a insalata, trasformandosi in un gustoso contorno. Se si preferisce assaggiarlo da solo, si può scegliere la frittura con uova, farina e pan grattato e formaggio. Molti estimatori ritengono che la frittura sia proprio “ la morte del gallinaccio”, cioè sia il modo più adatto per prepararlo. La frittura di gallinaccio si prepara lavando e pulendo il cappello e poi immergendolo nella farina, nelle uova sbattute e nel pan grattato con formaggio. La miscela di pan grattato e formaggio va condita con un po’ di sale e prezzemolo tritato. Poi si procede con la frittura e il gioco è fatto: il gallinaccio sarà simile a una fetta di carne impanata.
Il gallinaccio viene identificato con moltissimi nomi dialettali. Tra questi, giallino, gialletto, finferlo, gaddiniedde e garitula. A volte lo si può confondere con specie simili, come l’albatrellus pes caprae o piede di capra, altro fungo commestibile, e con esemplari di Hydinum rufescens e Hydinum repandum, entrambi commestibili. Il gallinaccio può essere confuso anche con alcuni funghi velenosi e in particolare con l’Omphalotus olearius, che assomiglia molto alle varietà giganti di gallinaccio o Cantharellus cibarus. L’esemplare velenoso ha delle sfumature aranciate sul cappello e lamelle fluorescenti al buio. Questo fungo , specie per i non esperti, appare però identico al Cantharellus cibarus gigante, che presenta sempre sfumature aranciate sul cappello, ma che al posto delle lamelle ha delle creste. In caso di inesperienza o di dubbi, si consiglia sempre di far visionare gli esemplari raccolti dai micologi della Asl.
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