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L’amanita pantherina cresce dall’estate all’autunno sotto i boschi di latifoglie e conifere. Non si tratta di una specie rara ed è facile incontrarla durante la raccolta del funghi. L’amanita pantherina si presenta con un cappello conico, lievemente a campana, di colore marrone o nocciola e con un diametro compreso tra dieci e quindici centimetri. Sullo stesso sono presenti delle piccole verruche bianche. Queste servono a distinguere l’amanita pantherina dalle specie commestibili. Ma attenzione: con il clima umido, le verruche bianche spesso scompaiono, rendendo il fungo molto simile alle varietà commestibili. Quindi, per riconoscerlo dai funghi buoni non basatevi solo sulla presenza delle verruche, ma osservate anche altri particolari. Le lamelle dell’amamita pantherina sono fitte, bianche, con presenza di lamellule e non legate al gambo. Quest’ultimo è bianco, cilindrico, lungo da 12 a 16 centimetri e a forma di bulbo ingrossato verso la base. L’amanita pantherina presenta anche un anello molto basso e una volva bianca e aderente alla parte del bulbo alla base. La carne del fungo è bianca, soda e non cambia colore se toccata o a contatto con l’aria. L’odore è assente, mentre il sapore è dolciastro. Le spore sono massive, bianche, lisce e non amiloidi.
Come già detto, l’amanita pantherina è il diretto concorrente dell’amanita muscaria, per la tossicità e per le sostanze che contiene. Questo fungo, infatti, contiene acido ibotenico, muscimolo e muscazone, sostanze responsabili della cosiddetta “sindrome panterinica”. Questa sindrome si presenta dopo l’ingestione del fungo. I sintomi sono simili a quelli dell’amanita muscaria e quindi problemi gastrointestinali, non sempre presenti, depressione, allucinazioni, sonno comatoso, euforia, disturbi psicomotori ed ebbrezza. La quantità di sostanze tossiche è superiore nell’amanita pantherina piuttosto che nell’amanita muscaria, ciò spiega il maggior numero di casi di intossicazione imputabili al primo fungo. L’amanita pantherina, se ingerita in certe quantità, può anche causare la morte. Queste quantità “letali” corrispondono a novanta milligrammi di acido ibotenico e a cinque, dieci milligrammi di muscimolo e muscazone. Le dosi appena citate sono contenute in solo cento grammi di amanita pantherina fresca. In caso di ingestione casuale del fungo, la terapia disintossicante e salvavita comprende lavanda gastrica, carbone attivo, sedativi, solfato di magnesio e infusione di sostanze via flebo. Questi interventi vengono attuati in ambito ospedaliero.
L’amanita pantherina si può confondere anche con altre specie di funghi, sia velenosi che commestibili. La confusione con le specie commestibili avviene quando sul cappello del fungo non sono presenti le famigerate verruche bianche. Altre somiglianze sono con l’amanita ceciliae, fungo velenoso da crudo, l’amanita rubescens, fungo velenoso da crudo e commestibile solo dopo una cottura molto lunga, e l’amanita junquilleia, fugo velenoso sempre da crudo ma pericoloso e quindi sconsigliato anche da cotto. L’amanita pantherina comprende diverse varietà, tutte con gli stessi effetti tossici. Si tratta delle varietà velatipes, abietum e alba. L’ultima si può confondere con i comunissimi funghi prataioli ed è per questo che viene considerata molto pericolosa. L’amanita pantherina è conosciuta anche con i nomi di tignosa bruna, tignosa panterina, tignosa bigia e tignosa rigata. Il nome scientifico deriva invece dalla famiglia di appartenenza, amanitaceae e dal termine latino “pantherinus”, che si riferisce alla “pantera” per la forma e il colore del cappello. Vista la difficoltà oggettiva a riconoscere le varietà di amanita pantherina dai funghi commestibili, si raccomanda estrema cautela ed esperienza nel praticare l’attività di raccolta. In caso di dubbi, bisogna sempre far controllare gli esemplari raccolti ai micologi della Asl territoriale di appartenenza. Si sconsiglia anche di consumare l’amanita pantherina sia da cruda che da cotta. La cottura, infatti, non elimina le sostanze potenzialmente tossiche, anzi, le rende ancora più attive e letali.
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