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La stratificazione pacciamante di antica tradizione è composta da sostanze inerti di natura organica (materiale vegetale biodegradabile nel terreno) o inorganiche (ghiaia, ecc., non decomponibili, da rimuovere a servizio concluso). La decisione del coltivatore riguardo alla scelta dipende di solito dal periodo dell'anno e dalla facile reperibilità del materiale pacciamante anche come prodotto di scarto. Escludendo la paglia che potrebbe contenere semi di piante infestanti, la biomassa disponibile (corteccia, erba non trattata, foglie, segatura, trucioli di legno, sacchi di juta, ecc.), essiccata e sminuzzata, viene applicata in strato uniforme a circa un centimetro di distanza dalla pianta per evitare rischi di marciumi, malattie fungine, ecc.; consente concimazioni e irrigazioni con una certa facilità in quanto può essere rastrellata, ma rischia di venire spazzata via dal soffiare del vento.
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Negli ultimi decenni, i materiali pacciamanti che hanno preso comunemente campo per indubbie questioni di praticità sono i fogli e i film plastici a pronto uso. A efficienza diversa a seconda della colorazione, sono appositamente progettati per proteggere gli orti appena terminata la posa manuale (o a macchina su appezzamenti estesi). Sono realizzati in EVA (Etilene Vinil Acetato), in PE (polietilene, colore nero, trasparente, fumé, ecc.), in PVC (polivinilcloruro o cloruro di polivinile, riciclabile), in tessuto non tessuto (‘teli vivaio’ utilizzati per lo più per coltivare fragole), in bioplastiche di cellulosa (durata di circa un mese in primavera, facile a strapparsi, valida contro le erbacce), di derivati dall’amido di mais e di altri cereali. Venduti in diversi spessori (minimo 0,05 mm) a bobina, a metro o a peso, sono per lo più ad elevata resistenza meccanica (strappi, agenti atmosferici, ecc.) ma, a titolo di precauzione, le istruzioni d’uso consigliano manipolazioni senza trascinare sul terreno e di controllare le piante più delicate appena messe a dimora in quanto potrebbero scottarsi al contatto. I teli plastici neri dello spessore anche di circa 0,2 mm. sono utilizzati per assorbire meglio le radiazioni solari senza lasciare filtrare la luce necessaria ai semi di piante infestanti per germinare (anche se talvolta non risulta bloccata completamente la crescita di specie resistenti come l’equiseto), per indurre ad aumentare leggermente le temperature superficiali del suolo a vantaggio di raccolti precoci (es. patata); durano a dimora per più anni, richiedono una rimozione manuale o meccanizzata (che scopre un terreno soffice e arieggiato), e una volta ripuliti, si conservano disposti a pila, in posizione orizzontale su una superficie liscia, o arrotolati in un locale protetto dalla luce solare diretta in attesa di un riciclaggio successivo in occasione del prossimo ciclo colturale della stessa tipologia o di ortaggi da piantare alle stesse distanze delle aperture praticate. Al contrario, i fogli pacciamanti trasparenti favoriscono il riscaldamento del terreno e la conseguente maggiore precocità da parte delle piantine coltivate (es. melone), ma risultano inefficaci sulle infestanti, però si possono accoppiare con quello scuro. I tipi biodegradabili (o fotodegradabili) sono più sottili, hanno una durata variabile media di 1 mese - 9 mesi in funzione del materiale compositivo, dello spessore e delle condizioni ambientali, prima di decomporsi in campo in seguito alla degradazione (assimilazione e metabolizzazione) da parte dei microrganismi presenti naturalmente nel suolo e consentire di procedere direttamente alla rilavorazione del terreno. Frequente è l’adozione della pacciamatura orticolturale con teli plastici nelle coltivazioni di bietola da coste, cetriolo, cocomero, fragola, melanzana, melone, peperone, pomodoro, sedano, zucca, zucchino; alquanto meno diffusa, quasi rara, nel caso dell’aglio, asparago, bietola da coste, carciofo, cardo, carota, cavolo (broccolo, cappuccio, cavolfiore, cinese, di Bruxelles, rapa, verza), cipolla, fagiolo, fagiolino, finocchio, patata, prezzemolo, radicchio, spinacio, verdure da foglia (cicoria, indivia, lattuga, radicchio, ecc.).
Prima di posare la copertura, occorre sistemare il suolo procedendo a eliminare i vari residui, come erbacce, rametti, pietrisco, ecc. zappando a livello superficiale per rimuovere eventuali rimanenze al di sotto e radici di infestanti. Controllata l'adeguata umidità nel terreno e applicati gli eventuali fertilizzanti, si passa a lisciare la superficie del terreno dell’orto con l'ausilio di un rastrello, quindi si continua la lavorazione per appiattire con il retro della vanga o con un rullo. Il telo viene quindi posato prestando attenzione nella stesura accurata in piano, senza piegature e increspature, possibilmente durante le ore più calde di un giorno soleggiato in caso di periodo freddo o di mattina presto nella stagione estiva per evitare irregolari tensioni dovute alla temperatura. Praticati i fori o due tagli incrociati della larghezza corrispondente al pane di terra attorno alle radici della giovane piantina che si vuole interrare, in punti distanziati, a seconda della necessità di messa a dimora, si effettua il fissaggio in laterale con gli appositi picchetti o con dei cavallotti metallici da infilare in profondità dentro alle zolle. Allargati i lembi di ogni croce praticata nel tessuto, si interra una piantina per volta e, ricoperte le radici, si ricompone il telo in modo che risulti correttamente sistemato e si fissano i picchetti o i cavallotti premendo leggermente il terreno con il piede in modo da compattarlo.
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