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Analizziamo subito nel dettaglio queste due specie appena citate. Il Cynodon Dactylon, vale a dire la pianta che conosciamo come Gramigna propriamente detta, è un’erba perenne con rizoma (il rigonfiamento del fusto) piuttosto ramoso, lungamente strisciante e che è in grado di produrre dei germogli davvero acuminati dalla spiccata forma conica (è proprio per questo motivo che il genere in questione ha assunto questo nome, visto che la traduzione letterale dal greco significa “denti di cane”, dato che i germogli stessi presentano una somiglianza con la dentatura canina). Per quel che concerne i fusti, c’è da dire che essi sono ascendenti, ramosi alla base e dotati di un’altezza compresa tra i dieci e i trenta centimetri. Le foglie sono invece piane e lineari e marcatamente cigliate. Un ciuffo di peli sostituisce poi la consueta ligula, donando alla pianta quel suo caratteristico aspetto. Anche i fiori presentano delle peculiarità interessanti: la disposizione avviene lungo delle spighe terminali che possono essere in un numero compreso tra tre e sette, patenti e lineari. Ogni spighetta comprende un fiore ermafrodito inferiore e uno abortito superiore (ovviamente un fiore ermafrodita è quello che presenta sia parti maschili che femminili). Le glume, la consistenza cartacea che avvolge ogni specie delle Graminacee, sono di tipo mutico, ovvero non vi sono in alcun modo setole o spine.
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La notorietà della Gramigna è piuttosto consistente, dato che ci troviamo di fronte a una pianta diffusa praticamente in tutto il mondo, molto comune nel nostro paese, sia nelle zone marine che submontane, ma dalla fama oscura; in effetti, la Gramigna è solita invadere in maniera devastante le colture, provocando quindi danni ingenti, ma neanche i prati ne sono immuni, perché la loro costituzione viene severamente peggiorata proprio da tale pianta, una delle peggiori foraggere. È da qui che nasce la fama ambivalente della Gramigna: i contadini e gli agricoltori ne parlano come del peggior morbo esistente sul globo, a causa dei danni appena elencati, ma i rizomi della pianta sono anche ricchi di amido, di mucillagine e di diversi tipi di zuccheri, una caratteristica che permette di ricavarne degli apprezzati decotti diuretici, così come consigliava Plinio duemila anni fa.
Un’altra specie molto diffusa, come era già stato anticipato, è l’Agropyrum Repens, meglio conosciuto come Caprinella o anche Dente di cane (anche in questo caso per via della forma dei germogli acuminati): tale Gramigna presenta un rizoma frusciante e di tipo cespuglioso, i fusti sono eretti o ginocchiati, con un’altezza che può andare dai trenta centimetri fino a un metro. Per quel che concerne i fiori dell’Agropyrum, poi, bisogna sottolineare come essi siano in spiga e tenaci, con delle spighette che comprendono da quattro fino a nove fiori. La Caprinella è molto comune nei luoghi erbosi e nei campi, ma non vi sono distinzioni tra il mare e le zone montane; l’effetto infestante è proprio persino di questa specie, ma l’opinione non è del tutto negativa in qualità di pianta foraggera.
Un errore molto frequente è quello di confondere la Gramigna con la cosiddetta Sanguinella o Sanguinaria (si tratta del Panicum Sanguinale o Digitaria Sanguinalis), anch’essa erba annua, infestante e comune nelle zone di montagna. Le altre specie di Gramigna meritano comunque un cenno: la Gramigna acquatica, quella bionda, la Gramigna delle vie e dei prati, quella di Parnasso e la Gramigna stellata, tutte appartenenti alla vasta famiglia delle Graminacee, dotate di un poter infestante notevole o comunque tra le più cattive foraggere presenti in natura.
I consigli più utili in questo senso sono presto detti. Anzitutto, va ricordato in maniera precisa che alcune delle Gramigne più comuni possono essere utilizzate per formare in modo agevole dei tappeti erbosi, un risultato che sarà davvero impressionante, visto che si otterranno dei campi floridi e resistenti a qualsiasi cosa, persino al calpestamento più violento. Tra l’altro, non si deve dimenticare nemmeno la Festuca Ovina, pianta che viene a essere coltivata nella maggior parte dei casi come ornamento caratteristico per il fogliame.
Una conclusione ideale per questa trattazione riguarda la lotta contro la Gramigna: senza dubbio è un contrasto molto difficile e arduo da realizzare, ma il miglior comportamento da adottare in tale ipotesi è quello di agire in maniera metodica, applicando una decisa estirpazione e approntando le dovute e appropriate tecniche che si adattano meglio alla coltura.
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