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I lepidotteri comprendono più di centomila specie diffuse prevalentemente nelle aree tropicali ed ormai presenti in qualsiasi area del pianeta. Nelle nostre zone si conoscono circa quattromila specie di farfalle diverse, dalle forme, dai colori e dalle dimensioni che variano in base alla famiglia di appartenenza. Le farfalle più grandi si trovano prevalentemente nelle zone tropicali, mentre nelle nostre aree mediterranee si trovano più spesso farfalle di piccole o medie dimensioni. L’insetto adulto presenta due ali variamente colorate, antenne, zampe, apparato produttore di ferormoni e una proboscide usata per succhiare il nettare dei fiori. Questa caratteristica non è dannosa per le piante, mentre si rivela pericoloso l’apparato boccale delle larve, formato da mandibole che possono divorate foglie, gemme, e frutti o scavare gallerie sul fusto delle piante. In base al tipo di masticazione e di danno attuato sulle piante si distinguono i bruchi minatori ( scavano gallerie nel legno e nelle foglie), defogliatori ( mangiano i lembi fogliari, lasciando solo la nervatura) e ricamatori( mangiano le foglie formando un sottile ricamo sulla lamina delle stesse). I bruchi dei lepidotteri presentano una elevata voracità in grado di danneggiare intere colture. Sono poche, infatti, le piante risparmiate dall’azione dei bruchi, tra cui le orchidee e le piante grasse.
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Quasi tutte le piante rischiano di essere divorate dalle larve dei lepidotteri. A parte le già citate piante grasse e le orchidee, nessuna coltura è immune dall’azione divoratrice dei bruchi. Restano vittime di questi parassiti, la vite, gli agrumi, il cotone, il tabacco, la soia, le piante a fiore, quali la rosa, la gerbera, il crisantemo, il garofano, gli alberi da frutto, gli ortaggi, le latifoglie, tra cui la betulla, il pioppo e il castagno. L’azione dei bruchi rovina le colture causando immensi danni ambientali ed economici. In giardino si rischia di veder rovinato l’aspetto delle piante e con esso, tutta la resa estetica dello spazio esterno.
La lotta alle larve dei lepidotteri va combattuta senza esclusione di colpi, individuando, in prima istanza, le uova da cui si svilupperanno le larve. Queste sono molto piccole, bianche o giallastre e presenti sulle foglie e sui fusti delle piante. Le uova dovrebbero essere rimosse a mano ed eliminate prima della schiusa in modo da evitare l’effetto “divoratore” delle larve. Queste compaiono tra marzo ed aprile e se la temperatura è mite possono essere presenti anche in autunno e nella stagione invernale, specie nelle coltivazioni in serra, dove si ricorre alle alte temperature per anticipare la maturazione dei frutti. La rimozione manuale delle uova è possibile per un numero limitato di esemplari e di piante colpite. Quando l’infezione è troppo estesa, si deve necessariamente ricorrere ad altri metodi di lotta. Le larve dei lepidotteri possono essere combattute ricorrendo all’uso di prodotti biologici o chimici. I primi sono naturalmente più rispettosi della salute dell’Uomo e dell’Ambiente, i secondi sono prodotti con sostanze ricavate in laboratorio e potenzialmente tossiche. La lotta biologica alle larve dei lepidotteri si serve di sostanze a base di piretro naturale, che si rivela attivo solo per i bruchi defogliatori, mentre per altri tipi di larve di lepidottero si possono usare prodotti biologici a base di Bacillus thuringiensis, un batterio che si rivela particolarmente efficace contro le larve di farfalla. L’insetticida funziona formando dei cristalli proteici che uccidono le larve. Questo prodotto si diluisce in acqua, secondo le dosi indicate nella confezione di acquisto e si spruzza sulle piante colpite a una distanza di trenta centimetri. Prima di raccogliere i frutti o gli ortaggi e di consumarli, bisogna aspettare tre giorni.
La lotta chimica alle larve di farfalla usa diversi insetticidi studiati in base al tipo di piante da trattare. Molti di questi prodotti potrebbero essere oggetto di divieto in agricoltura e prima di procurarseli è necessario chiedere corrette informazioni ai produttori. Gli insettici chimici contro i bruchi possono essere a base di Flufenoxuron, Alfametrina , Alfacipermetrina, Metaflumizone, Dimetoato e Clorpirifos. Prima di usare questi prodotti bisogna accertarsi che siano autorizzati per la coltura che si intende trattare. Le sostanze menzionate sono, infatti, specifiche per alcune colture. Il Flufenoxuron, ad esempio, serve per trattare la vite, il cotone e le piante a fiore; l’Alfametrina si usa per alberi da frutto ortaggi, soia, barbietola e tabacco; lo stesso dicasi per l’Alfacipermetrina; il Metaflumizone si usa per le solanacee, i peperoni in serra, la lattuga, il cavolo cappuccio e il cavolo di Bruxelles; il Dimetoato su lattuga e garofano a pieno campo, tabacco e asparago e il Clorpirifos su alberi da frutto, piante a fiore, latifoglie, cavoli, carota e cipolla. Questi prodotti di diluiscono in acqua e di somministrano per irrorazione fogliare. Le dosi di diluizione vengono indicate nella confezione di acquisto e variano in base al principio attivo utilizzato, con un minimo di trenta - quaranta grammi per ettolitro a un massimo di 120 grammi per ettolitro.
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