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Il terreno consigliato per la coltivazione del carrubo è ben drenato, lievemente calcareo e fertile; prima dell'impianto, si raccomanda di liberare il suolo dalle erbe infestanti, che potrebbero ostacolare uno sviluppo ottimale dell'albero. La messa a dimora delle piantine acquistate in vivaio deve avvenire in una buca larga circa un metro, e qualora si decida di allevare più esemplari è fondamentale lasciare tra essi lo spazio necessario per una corretta crescita. La potatura è essenziale per rimuovere i rami che bloccano l'apporto di luce, quelli secchi e quelli malati; gli strumenti utilizzati, tuttavia, devono essere sempre perfettamente puliti, altrimenti si rischia di andare incontro ad infezioni. Si suggerisce di eliminare periodicamente le erbacce, e di ostacolare la loro comparsa con una pacciamatura del terreno.
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Questo albero necessita di una concimazione preliminare al momento dell'impianto, con sostanze organiche quali il letame maturo o lo stallatico; ogni anno, successivamente, la fertilizzazione va effettuata di nuovo con prodotti naturali, oppure con un concime granulare a base di azoto e potassio. Anche il fosforo è un elemento importante, ma può essere somministrato in misura minore rispetto agli altri due, anche perché spesso il terreno ne è ricco. Tutti e tre i macroelementi svolgono funzioni essenziali: l'azoto favorisce l'accrescimento dei tessuti, il potassio accentua la resistenza dell'albero al freddo e alle infestazioni dei parassiti, il fosforo aiuta il metabolismo. Non dovrebbero mancare, nel fertilizzante, nemmeno microelementi fondamentali per la sintesi della clorofilla, come il ferro ed il manganese.
L'esposizione del carrubo deve verificarsi in un ambiente soleggiato, caratterizzato da inverni non troppo freddi; sono temuti i venti intensi e le temperature eccessivamente basse. Un parassita piuttosto fastidioso è il rodilegno giallo, chiamato anche Zeuzera pyrina, che si nutre delle parti legnose provocando numerosi danni all'intero esemplare attaccato. La lotta contro questo lepidottero può essere sia chimica, con appositi insetticidi, sia biologica, tramite nematodi entomopatogeni. Tra le malattie fungine, invece, frequente è l'oidio, che si manifesta con una muffa biancastra ed è per questo chiamato anche albugine; nei casi più estremi esso può condurre alla morte dell'albero, e necessita, come rimedio, di prodotti anticrittogamici a base di zolfo, da somministrare in più trattamenti.
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