La scala Scoville

La scala Scoville

Nel 1912 un chimico di nome Wilbur Scoville, che lavorava per l’industria farmaceutica Parke-Davis, sviluppò un metodo per misurare il livello di piccantezza dei peperoncini e lo battezzò col proprio cognome: “Scoville Scale”.

Si trattava in realtà di una misurazione abbastanza approssimativa, perché si basava principalmente su giudizi soggettivi degli “assaggiatori”, ma, all’epoca, era il metodo considerato più valido e ancora oggi gli appassionati del settore continuano a farvi riferimento.

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Perché i peperoncini sono piccanti?

scala scoville Nei peperoncini piccanti sono contenuti degli alcaloidi detti capsaicidinoidi. Vengono prodotti dalla pianta per difendere i frutti e i semi. Sono infatti concentrati per lo più nella membrana bianca che si trova all’interno e sulla superficie esterna dei semi. Questo tipo di alcaloidi tuttavia è “fastidioso” solamente per i mammiferi, capaci di digerire completamente i semi. Gli uccelli, invece, non li percepiscono minimamente: sono infatti loro che, in natura, si cibano abitualmente dei peperoncini, espellendo in seguito i semi (che, dopo questo passaggio, germinano addirittura più facilmente), rivestendo un ruolo fondamentale per la diffusione di queste piante anche a grandi distanze.

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    Come funzionano i capsaicinoidi?

    peperoncino cascabel Sulla nostra lingua, in bocca e in gola (e in generale su tutte le mucose) vi sono dei recettori di vario tipo:trasmettono al nostro cervello il gusto dei cibi oltre alle sensazioni di caldo, freddo o eventualmente di dolore. Nel nostro caso dobbiamo soffermarci sul recettore VR1( acronimo per Vanilloid receptor type 1) che ha la funzione di segnalare l’introduzione di un cibo pericoloso per il nostro esofago e stomaco perché troppo caldo, in particolare ad una temperatura dai 43°C ai 52°C. Qui entrano in gioco i capsaicinoidi: le loro molecole hanno la struttura chimica ideale per attivare questi recettori che vengono ingannati trasmettendo al cervello una sensazione di estremo calore che in realtà non esiste.

    Naturalmente non tutti i peperoncini contengono la stessa quantità di capsaicinoidi: i grandi peperoni che consumiamo abitualmente in cucina (gialli, rossi, verdi), per esempio, ne sono totalmente o quasi totalmente privi; in altri la concentrazione (e la qualità) varia tantissimo. Dipende in primo luogo dalla cultivar e secondariamente dalle condizioni pedoclimatiche in cui è cresciuta la pianta.


    La misurazione della piccantezza con la Scala Scoville

    Negli Stati Uniti, in particolare negli stati meridionali, vi è sempre stato un grande interesse per la piccantezza: il peperoncino viene infatti impiegato massicciamente in moltissimi piatti e vi è molta influenza da parte della cucina messicana, estremamente speziata.

    All’inizio del “900 molto compagnie chimiche erano interessate a capire il meccanismo della “piccantezza” principalmente per l’industria alimentare, ma anche per la produzione di gas ad uso militare. Il chimo Wilbur Scoville introdusse la Scoville Heat Unit, abbreviato SHU, come unità di misura: divenne da subito molto popolare e, soprattutto per alcuni cibi e salse, è un

    criterio di giudizio davvero fondamentale.

    Per valutare la piccantezza di un peperoncino se ne diluisce l’estratto in un composto di acqua e zucchero. La piccantezza aumenta in maniera proporzionale alla quantità di acqua e zucchero necessaria a rendere non più percepibile la sensazione di calore. Il punto più alto della Scala è stato posto arbitrariamente a 16.000.000 di gradi Scoville e corrisponde al capsaicinoide più potente, la capsaicina pura . Dalla parte opposta della scala troviamo invece il peperone dolce da mensa che, generalmente, non è per nulla piccante e quindi non necessita di interventi di diluizione.

    Unità Scoville
    16.000.000Capsaicina pura
    16.000.000-13.500.000Capsaicina in cristalli
    9.100.000Nordiidrocapsaicina
    8.600.000Omodiidrocapsaicina
    7.100.000La salsa più piccante
    5.300.000Spray della polizia
    2.200.000Carolina Reaper
    2.000.000Trinidad Moruga Scorpion
    2.000.000Spray per difesa personale negli U.S.A.
    1.463.700Trinidad Scorpion
    1.382.118Naga Viper
    1.176.182Infiniti Chili
    1.100.000Naga-Bih Jolokia, Naga Morich
    1.000.000Trinidad Scorpion
    923.000Dorset Naga
    580.000Habanero Red Savina
    400.000Red Habanero
    350.000Habanero Chocolate, Scotch Bonnet
    300.000Habanero Mustard. red Rocoto, White Habanero. Yellow Habanero
    150.000Orange Thai. Red Thai. Red Dragon
    50.000Tabasco
    10.000Jalapeño
    3.000Calabrese
    0Peperone dolce


    Come si effettua la misurazione e quali sono i difetti di questa scala?

    peperonci habanero All’inizio del secolo scorso questo era sicuramente il procedimento più all’avanguardia disponibile, ma ha certamente dei difetti. Prima di tutto il giudizio è senza dubbio molto

    soggettivo, visto che derivava dalla sensibilità dei singoli componenti della commissione. Nel corso degli anni, inoltre, si è diffusa l’abitudine di prendere in considerazione principalmente il valore più alto raggiunto da uno specifico peperoncino. Bisogna invece precisare che nel “panel” sono sempre richiesti diversi frutticini il cui estratto viene assaggiato separatamente. Avremo poi tre risultati: il più alto, il medio e il più basso in piccantezza. In teoria il valore di riferimento dovrebbe essere la media che ne deriva.

    Al contrario frequentemente gli assaggi vengono effettuati su peperoncini appositamente coltivati e selezionati: può capitare (per esempio come è capitato nel 1994 per il Red Savina, 577.000 SHU) di riscontrare valori altissimi, lontanissimi però dalla realtà quotidiana di quella specifica cultivar (che tutti possono constatare come molto meno “calda” di parenti prossimi quali l’Habanero Orange o l’Habanero Chocolate).


    Altri test

    In tempi recenti, quindi, vi è stata la necessità di impiegare metodi più moderni per avere risultati oggettivi, omogenei e veritieri.

    Attualmente, in ambito scientifico, si utilizza prevalentemente il test HPLC (High Performance Liquid Chromatography),cioè la cromatografia liquida ad alta prestazione. In definitiva ci si avvale di uno spettrometro di massa per ottenere un cromatogramma. Questo ci dirà esattamente la quantità rispettiva di capsaicinoidi contenuta e conseguentemente il grado di piccantezza dello specifico peperoncino. È stata anche introdotta una nuova scala di valori detta ASTA.


    Molte piccantezze diverse

    peproncino macinato La piccantezza non è causata da una sola molecola: in realtà in gioco vi sono almeno 5 composti, molto simili nella struttura, ma che interferiscono in maniera diversa con i nostri recettori.

    Quello fondamentale, e più conosciuto, è senz’altro la capsaicina. Dalle ricerche recenti risulta il maggiore responsabile della sensazione di calore.

    Gli altri alcaloidi interessati sono la Diidrocapsaicina (DHC), la Omodiidrocapsaicina (HDHC), la Nordiidrocapsaicina (NDHC) e la Omocapsaicina (HC), presenti sempre in misura minore, ma che conferiscono qualità diverse alla piccantezza, oltre a particolari sapori.

    Va sottolineato che i consumatori abituali di peperoncino sviluppano un certo grado di sopportazione e sono poi in grado di percepire anche altre sensazioni secondarie. È per questo che in particolari aree geografiche (Messico, India, alcuni paesi dell’Africa centrale) sono coltivati e apprezzati moltissimi tipi diversi di peperoncino. Le papille gustative dell’avventore occasionale risultano invece totalmente anestetizzate.

    Per esempio cultivar come l’Habanero Orange, il Chocolate e il Tabasco contengono anche abbondanti dosi di Nordiidrocapsaicina: questa sostanza porta, oltre alla piccantezza, un retrogusto dolce e fruttato, particolarmente apprezzato in abbinamento a salse, verdure o carni bianche.

    Un alto tenore di Omodiidrocapsaicina è invece particolarmente apprezzato in Asia: è infatti capace di allargare la sensazione di pizzicore alla gola e alle vie respiratorie. Altra sua caratteristica peculiare è di essere percepito solo leggermente all’inizio, per diventare sempre più persistente col passare del tempo.


    E se abbiamo esagerato col peperoncino?

    Non è sempre facile regolarsi con la quantità di polvere o con i frutticini freschi o essiccati: può così capitare di esagerare e rendere un piatto immangiabile.

    Rimediare è difficile, possiamo però cercare di spegnere l’incendio in bocca.

    Partiamo dal presupposto che i capsaicinoidi non sono idrosolubili: bere acqua è quindi vano, se non controproducente. Sono invece molto affini ai grassi, in particolare a quelli contenuti nei latticini. Ci possono quindi essere molto utili latte, panna, gelati e yogurt. La piccantezza di un piatto di pasta può essere smorzata con un’abbondante grattata di formaggio. Ad ogni modo un valido aiuto può derivarci da tutti i lipidi.

    Altrettanto utili sono i liquori: l’alcool infatti riesce a legarla e toglierla dalle nostre mucose: un limoncello o un amaro possono quindi essere una soluzione. Un rimedio meccanico consiste invece nel mangiare della mollica di pane che, come una gomma, rimuove le molecole dalle nostre papille gustative.


    Altre precauzioni

    peperoncino piccante È molto importante ricordare che i capsaicinoidi sono molto resistenti: non vengono degradati dal freddo, dal caldo o dagli acidi presenti nel nostro stomaco. È per questo che i peperoncini possono essere essiccati o congelati senza perdere la piccantezza. Bisogna però segnalare che oltre che in bocca, la sensazione di bruciore può giungere fino alla parte terminale dell’intestino: poniamo particolare attenzione, quindi, se noi o un nostro ospite fosse, sotto

    questo aspetto, particolarmente sensibile.

    Bisogna essere cauti anche durante la raccolta e la manipolazione dei frutticini: usiamo sempre i guanti e evitiamo di toccarci gli occhi. Se per l’essicazione usiamo apparecchi elettrici appositi, facciamoli funzionare in una stanza non utilizzata e teniamo aperte le finestre: anche i vapori che ne derivano possono dare fastidio!




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