Il linguaggio dei fiori
Con il loro intrinseco fascino naturale i fiori, da secoli, rappresentano un dono e un decoro ornamentale perfetto per l’immediata e riconosciuta valenza estetica e, in molti casi, anche olfattiva, oltre che medicinale (secolare nell’Oriente). Gli archeologi hanno ritrovato resti di petali in diverse tombe, erano rappresentati anche nei geroglifici egizi, così come ghirlande di fiori nelle abitazioni degli antichi romani e greci, mentre il mazzolino – inteso come forma di composizione floreale – da mantenere in un vaso divenne d’uso tradizionale in Europa nel XIV secolo.
I fiori vengono universalmente scelti con attenzione per festeggiare quelle ricorrenze importanti che fanno parte integrante della vita – dai compleanni alle lauree, fino a San Valentino, al matrimonio e al suo anniversario, per citarne soltanto alcune – in occasione nelle quali non possono assolutamente mancare, includendo l’onorare i momenti luttuosi e le tristi visite all’ultima dimora dei propri cari. Ma, per le sue forme e colori, un tocco floreale vibrante di vita è sempre una testimonianza piacevole, gradita, teneramente poetica di arrecare gioia e buon umore, indipendentemente dalla situazione e dal contesto.
Come una lettera dell’alfabeto, ogni fiore – solitario, raccolto in un piccolo bouquet o in mazzo – esprime il particolare linguaggio ‘segreto’ floreale, un sistema di riferimento simbolico assegnato in passato dagli esseri umani a seconda del significato convenzionale attribuito in considerazione di loro elementi diversi (specie e/o varietà di appartenenza, tonalità o insieme numerico della composizione in cui sono inseriti).
In via preferenziale, sono sempre stati un’insostituibile e toccante soluzione diretta a trasmettere o esaltare – in maniera silenziosa, senza dover ricorrere a parole sussurrate o gridate non altrettanto efficaci – il vero significato di messaggi, sensazioni, pensieri. Così il donatore, inviando un pensiero floreale o consegnandolo direttamente alla persona che gli interessa, le intende manifestare un determinato stato d’animo o sentimento profondamente intimo – di gratitudine, amore, affetto, ecc. – che altrimenti potrebbe rimanere inespresso, sottinteso o frainteso da parte di chi lo riceve.
I fiori sono stati quindi inseriti, a pieno titolo e senza alcun tipo di frontiera, nella cultura sociale di tutte le latitudini e in ogni epoca, in quanto considerati una forma perfetta di comunicazione, in particolare quando le parole erano difficili da trovare e per dichiarare passioni che non si riuscivano o non si potevano rivelare alla luce del sole. In Europa, per esempio, scambiarsi fiori diventò un modo per mandare e ricevere messaggi romantici – senza doversi preoccupare di essere visti e segnalati da qualcuno – durante il Medioevo, epoca in cui vigevano rigorose linee guida dettate dalla Chiesa e alle coppie erano vietate pubbliche manifestazioni d’affetto. Anche una credenza indù riporta che i fiori sono stati creati per essere regalati alle persone che amiamo: in India, per esempio, a un ospite ne viene donata una ghirlanda da indossare al collo.
Una sorta di linguaggio dei fiori si sviluppò nell’impero turco, nel XVII secolo, su derivazione di una pratica persiana. Nel 1714 venne probabilmente introdotto in Europa da Carlo II, una volta ritornato presso la corte svedese dall’esilio in Turchia. La diffusione all’interno del continente europeo avvenne rapidamente dopo il 1718, quando Lady Mary Wortley Montague – moglie dell'Ambasciatore britannico nominato a Costantinopoli (dal 1710) – rientrò in patria dopo due anni di soggiorno in Turchia, dove aveva scoperto l’esistenza del concetto di ‘linguaggio segreto dei fiori’. Lo descrisse nelle lettere pubblicate nel 1763, poco dopo la sua morte. Nel secolo seguente, dopo alcuni dizionari dedicati all'argomento pubblicati in Francia e in Inghilterra, uscì a Parigi nel 1819 il primo dizionario ufficiale del linguaggio dei fiori, arricchito da litografie tratte da disegni floreali, intitolato 'Le Language des Fleur' – destinato a diventare un testo di riferimento ineludibile in materia – scritto da Louise Cortambert con lo pseudonimo di Charlotte de la Tour.
L’argomento diventò sempre più popolare – soprattutto tra le appartenenti al sesso femminile – durante l’epoca vittoriana, sotto il regno della Regina Vittoria (1837-1901), periodo dai rigidi standard morali come restaurazione degli antichi valori di purezza e di castità, in osservanza delle quali si doveva tenere in pubblico un contegno conformista che non permetteva di manifestare i sentimenti provati. I fiori, selezionati con accuratezza, furono allora socialmente eletti quale espediente per esprimere segretamente, in modo preciso e appropriato, tutti i desideri e pensieri che non si potevano svelare altrimenti. Per rafforzare l’incisività di questo linguaggio dei fiori, si accentuò la qualità della loro presentazione. Nacque così il mazzolino profumato composto da fiori ed erbe raccolti e racchiusi in un centrino di pizzo legato con un nastro di raso da inviarsi a vicenda, tra uomo e donna, come messaggio in codice per corteggiarsi o dichiararsi, condividendo segretamente l’amore sottinteso. In epoca tardo-vittoriana, venne poi nascosto in un’elegante scatolina d’argento. Ma il linguaggio floreale (o florigrafia) prosperò in tutti i campi in cui fosse ritenuto lecito, tanto da raggiungere il suo massimo splendore proprio nell’età vittoriana, quando i fiori adornarono vezzosamente le chiome, i gioielli e l’abbigliamento femminile, l’arredamento e le porcellane nelle dimore, gli articoli di cancelleria, oltre a molto altro. Questo coincise con il picco di popolarità raggiunto dal linguaggio dei fiori in Europa e in America nel periodo dal 1820 fino all’incirca a metà secolo. Soltanto più tardi, nel 1884, a Londra, fu pubblicato un testo autorevole sulla florigrafia, dal titolo 'Language of flowers', firmato da Jean Marsh e illustrato da Kate Greenaway. Destinato a diventare molto diffuso, rimase l’opera ufficiale da consultare per il significato dei fiori vittoriani.
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