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Il portamento regale dell’infiorescenza così grande al culmine di un fusto ben eretto, lungo incredibilmente alcuni metri e che, ogni giorno, aumenta in altezza in maniera velocissima – tanto da essere una pianta tra quelle che detengono il record sotto questo aspetto – induce a significati diversi che spaziano dall’orgoglio all’arroganza, fino alla superbia.
Il fiore di girasole fu il simbolo della divinità solare presso civiltà precolombiane quali l’Inca (XIII-XVI secolo) sull'altipiano andino – adottato dalle sacerdotesse, riprodotto in oro nei templi e scoperto nel 1532 dal condottiero spagnolo Francisco Pizarro che conquistò il loro Impero – e quella degli Aztechi (XIV-XVI secolo) nella regione attualmente occupata dal Messico, come testimoniato dai resti di corredi rituali riesumati dagli scavi archeologici in Sudamerica. Nel XIX secolo, lo scrittore, poeta e drammaturgo irlandese Oscar Wilde (1854-1900), lo portava all’occhiello e, nel movimento estetico, lo diffuse tra i personaggi dandy e in seguito come motivo di arte decorativa. Oggi l’immagine è spesso scelta quale icona o marchio rappresentativo di movimenti o imprese legati all’ecologia. Durante la ‘Giornata Internazionale del Girasole dei Giardinieri di Guerriglia’ (International Sunflower Guerrilla Gardening Day), celebrata il 1 maggio di ogni anno da quando nel 2007, per la prima volta, alcuni ‘giardinieri guerriglieri’ – i cosiddetti ‘contadini di Bruxelles’ – hanno concepito e messo in pratica l’idea di piantare girasoli nei quartieri, in particolare nei luoghi pubblici trascurati e privi di verde, come le aiuole e le banchine stradali. Da allora la partecipazione è cresciuta così tanto che più di 5 mila persone hanno sottoscritto la manifestazione nel 2010, nel Nord America, in Europa e in Asia.Coltivati inizialmente per motivi commerciali, i girasoli stanno crescendo rapidamente in popolarità per la loro bellezza, come fiori recisi, mazzi, composizioni floreali, giardini. Simbolo dell’augurio di pronta guarigione per gli ammalati, che apprezzano l’illuminarsi della loro camera con questi raggi di sole, celebrano anche sincere congratulazioni dopo un evento (laurea, prodezza compiuta, nuovo lavoro, tentativo riuscito) e pure affetto intenso, un ‘ti adoro’ a San Valentino, alla Festa della mamma o in occasione del compleanno di una persona speciale. L'orso che non c'era Prezzo: in offerta su Amazon a: 10,6€ (Risparmi 1,4€) |
In due quadri dal pittore fiammingo Anthony Van Dyck (1599-1641), famoso ritrattista e autorevole esponente dello stile barocco, compare il fiore di girasole. ‘Autoritratto con un girasole’ (1633) lo raffigura mentre solleva verso lo spettatore una collana d’oro che re Carlo I gli aveva donato, insieme al titolo di Sir, nominandolo primo pittore di corte. Il girasole, che indica con un dito, simboleggia il rapporto che intercorre tra il re e il suo subordinato, come quello del capolino che vive seguendo sempre il percorso del sole. Nel ‘Ritratto di Sir Kenelm Digby’ (c.1635), il girasole rappresenta la duratura devozione nei confronti della moglie del soggetto, deceduta anni prima avvelenata, oppure la fedeltà di questi alla Chiesa Cattolica, alla quale si riconvertì dopo la vedovanza.
Famosissima è la serie degli 11 mazzi di fiore di girasole per lo più in vaso dipinta dal pittore olandese Vincent Van Gogh negli anni 1887-1888, dapprima a Parigi, poi ad Arles. Il quadro dei ‘Girasoli’ (1888) – quello che lo riempì più di orgoglio – è il simbolo della felicità di quel periodo, rimasto unico nella sua vita, di ottimismo e di eccitazione in attesa dell'arrivo dell’amico francese e pittore d’avanguardia Paul Gauguin (1848-1903), ed era pensato per decorare la stanza in cui avrebbero dormito insieme nella ‘ Casa Gialla’, ad Arles. Una volta arrivato, Gauguin ricambiò l’omaggio con il ‘Ritratto di Vincent Van Gogh mentre dipinge Girasoli’ (1888). Influenzato dagli Impressionisti (che accusava di pittura decorativa), con un sapiente uso della sperimentazione delle miscele di colore, innovative per i contrasti e per le tonalità vivaci e brillanti della gamma dei gialli, riuscì a raggiungere l’intensità luminosa emanata dai fiori veri, caricandoli di significato e di simbolismo. Con i girasoli dipinti, Van Gogh avviò una nuova evoluzione nell’arte, ispirando altri pittori a dipingere questi fiori, e nella decorazione, creando una tendenza stilistica nell’oggettistica e nell’arredamento (cartoline, poster, tazze, tovaglie, tendaggi, cancelleria, ecc.). Dipinse girasoli in due quadri – il ‘Giardino con Girasoli’ (1905-1906) e ‘I Girasoli’ (1907) – anche il controverso pittore austriaco simbolista Gustav Klimt (1862-1918), uno dei membri di maggiore spicco nel movimento artistico della ‘Secessione di Vienna’ – giudicato troppo sensuale, erotico e carico di simbolismi per il suo tempo a causa dei suoi temi raffigurati (preferibilmente il corpo femminile) in oli, affreschi e disegni.Influenzato da Van Gogh, nel XX secolo il pittore messicano Diego Rivera (1886-1957) – muralista famoso per la tematica sociale e il messaggio politico delle sue opere realizzate soprattutto su edifici pubblici – dipinse la ‘Ragazza con girasoli’, probabilmente una contadina.Nel 1955, a Berkeley, in California (Usa), il poeta statunitense Allen Ginsberg scrisse (1926-1997) il ‘Sunflower Sutra’ (‘Sutra del Girasole’) – dalla ‘sutra’ buddhista, raccolta di aforismi che dovrebbero guidare la condotta individuale – quale messaggio profetico diretto alla generazione di americani che, in seguito alle ideologie contemporanee, stavano perdendo la propria bellezza interiore, così come il girasole era stato sporcato dalla rivoluzione industriale nel XIX secolo, ma trapelava un barlume di speranza sulla possibilità di ritornare a uno spirito dotato di vivacità e brillantezza, qualità che rendono luminoso questo fiore. Qui Ginsberg è in connessione con il poeta, pittore, incisore inglese William Blake (1757-1827), per quanto riguarda la raccolta ‘Songs of Experience’ (1793), in particolare nella poesia intitolata ‘Ah, Sunflowers’ (‘Ah, Girasole’), nella quale questo fiore ricerca il sole, come l’uomo l'eternità nel percorso verso la fine della vita.
Nella celebre lirica breve ‘Portami il girasole ch’io lo trapianti’ (1923), appartenente alla raccolta ‘Ossi di seppia’ (1925), il poeta ermetico Eugenio Montale invoca dapprima il fiore dal ‘volto’ giallo pallido umanizzato ma, procedendo nelle rime, si illumina di vitalità, diventa ‘impazzito di luce’ fino a volgersi, in chiusura, verso il cielo azzurro alla ricerca dell’infinito.
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