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La potatura della vite ha degli specifici obiettivi, sia produttivi che vegetativi. Le diverse pratiche colturali che attengono alla potatura della vite servono, infatti, a dare alla pianta una forma ben precisa, in grado di supportare meglio il carico di produzione e di resistere alle avversità, ma anche a garantire una buona qualità dei frutti, sia nelle dimensioni che nel colore e nel sapore. Altro fondamentale obiettivo della potatura della vite, equilibrare i deficit e gli eccessi vegetativi della pianta, che in base alla zona in cui è coltivata e in base alla varietà, possono manifestarsi con uno scarso o, al contrario, eccessivo numero di gemme. Da queste ultime, infatti, avranno origine i grappoli.
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La potatura della vite si effettua prevalentemente con i tagli tipici della potatura di tutte le altre piante. Questi tagli, però, seguono principi colturali fondamentalmente diversi, che permettono di programmare il numero di grappoli che la vite dovrà produrre e l’anno in cui questi dovranno svilupparsi. I tagli di potatura possono variare anche in base alla forma data all’impianto, detta anche “allevamento”, cioè una particolare disposizione delle viti, che obbliga a eseguire i tagli in alcune zone dei tralci piuttosto che in altre.
In genere, nella potatura della vite si distinguono due tecniche principali: cordone permanente e tralcio di rinnovo. La potatura a cordone permanente riguarda forme di allevamento della vite in cui la pianta produce da tralci cortissimi del tralcio principale, detto anche ceppo o capo a frutto, cioè il tralcio che dovrà produrre i grappoli d’uva. La potatura con tralcio di rinnovo è quella in cui i tagli ai tralci, di varia lunghezza e dimensione, servono a creare nuovi capi a frutto, da cui si origineranno i grappoli, e altri tralci improduttivi, detti anche tralci o capi a legno. Per la doppia presenza di un nuovo capo a frutto e di tralci a legno, la potatura con tralci di rinnovo viene anche chiamata potatura mista. Le potature a cordone permanente riguardano le forme di allevamento della vite a cordone speronato, doppia cortina e cordone libero, mentre la potatura mista, o con tralcio di rinnovo, viene praticata per le forme di allevamento a Guyot, a pergola e a doppio capovolto. Le forme di allevamento della vite più conosciute e praticate in Europa sono il cordone speronato e il Guyot. Nel cordone speronato, il ceppo della vite, legato in orizzontale a un fil di ferro e a un’altezza di circa un metro dal suolo, consentirà lo sviluppo in orizzontale della pianta , mentre nel Guyot, sempre con ceppo orizzontale legato a un fil di ferro, a 80 centimetri di altezza da terra, la pianta si svilupperà con rami verso l’alto.I tagli, nella potatura della vite, in base alla lunghezza dei tralci e al numero di gemme da lasciare su di essi, danno vita anche alla potatura corta e lunga. Nella potatura corta i tralci si accorciano a due o massimo tre gemme, formando gli speroni, mentre in quella lunga i tralci si accorciano con lunghezza variabile, lasciando un numero di gemme superiore a tre.
La potatura corta si esegue su viti con elevata fertilità delle gemme basali, mentre quella lunga, su piante con elevata produzione delle gemme apicali. Nella potatura a cordone permanente si lasciano diversi speroni con due, tre gemme, realizzando la potatura corta, mentre in quella con tralcio di rinnovo si lasciano uno o più tralci con circa otto, quindici gemme, effettuando, così, la potatura lunga. Nella forma di allevamento a Guyot solitamente si procede a lasciare un tralcio con circa dieci gemme e uno sperone con due, tre gemme. Per la contemporanea presenza del tralcio e dello sperone si parla anche di potatura mista. Il tralcio sarà il nuovo capo a frutto, mentre lo sperone, per l’anno di produzione in corso, sarà il capo a legno. Nella potatura con tralcio di rinnovo si distinguono anche i tagli presente, passato e futuro, che consentono di scegliere il nuovo capo a frutto e di programmare il periodo di produzione della vite. Nel taglio del passato si elimina il capo a frutto che ha fornito la produzione dell’anno precedente, nel taglio presente si sceglie il capo a frutto della produzione dell’anno in corso, accorciandolo con il numero di gemme scelto, nel taglio futuro si accorcia a due gemme, il tralcio dell’anno precedente, trasformandolo in uno sperone, per favorirne il rinnovo. Questo pilotaggio della produzione, tramite i suddetti tagli, è possibile perché la vite produce dai tralci dell’anno che, a loro volta, si sono sviluppati sulle gemme del legno dell’anno precedente.La potatura della vite si effettua prevalentemente in inverno, quando la pianta ha perso completamente le foglie. Il periodo ideale è gennaio o febbraio. Per le viti giovani, cioè con meno di tre anni, è consigliabile potare alla fine dell’inverno, in modo da intervenire sulle parti della pianta che hanno subito i maggiori danni delle avversità climatiche. Le diverse forme di allevamento della vite condizionano anche la periodicità della potatura. In genere si pota all’inizio del secondo anno, durante il corso dello stesso anno e all’inizio del terzo. I vari tagli dipenderanno dalla forma di allevamento adottata e dalla vigoria della pianta. Il terzo anno, per le forme a cordone speronato, non è dedicato ai tagli, ma al posizionamento del tralcio sul filo orizzontale.
Nelle altre forme di allevamento, invece, il terzo anno sarà dedicato all’eliminazione dei germogli apicali troppo vigorosi e alla disposizione dei capi a frutto nati dalle gemme al di sotto del filo. Per le viti con uva bianca si può intervenire anche con la potatura estiva, che serve a eliminare foglie secche danneggiate dal calore solare o rami che infastidiscono quelli produttivi.Come detto la potatura della vite si divide in invernale o secca e estiva o verde. Se per la potatura invernale o potatura secca, le metodologie e le tempistiche sono ampiamente conosciute, per la potatura verde c'è meno materiale per chi vuole approfondire questo argomento. In realtà entrambi gli interventi sono piuttosto importanti e quindi se siamo interessati a conoscere tutto sulla potatura della vite, è bene approfondire entrambe le tipologie di intervento.
Come la potatura secca, anche quella estiva serve per rimuovere dalla pianta materiale inutile dal punto di vista produttivo e quindi eliminare tutte quelle parti che "rubano" solamente energia alla pianta senza contribuire ad un miglioramento della produzione. Se nella potatura secca vengono eliminati i rami e si interviene in maniera decisa e netta per asportare una parte considerevole di massa legnosa e per dare una forma idonea all'allevamento, anche nella potatura verde si interviene in quest'ottica ma su materiale verde.Con il taglio si cerca di concentrare nelle zone più produttive della pianta le energie, si cerca di massimizzare l'esposizione al sole e di ottimizzare la forma, sempre nei limiti del possibile. I principali interventi di potatura verde sono la degemmazione o scacchiatura, la spollonatura, la cimatura dei germogli, la defogliazione ed il diradamento dei grappoli. In alcune forme di allevamento viene effettuato anche il posizionamento dei germogli e la legatura.La scacchiatura è un'operazione culturale molto frequente ed effettuata in varie forme di allevamento. Si cerca di eliminare le parti della pianta che non sono utili ai fini produttivi, favorendo quelle parti strutturali e produttive. Siccome l'eliminazione di organi della pianta fa bene in termini di crescita e produzione ma genera anche un po' di stress nella pianta, è bene intervenire subito, quando la vegetazione è ancora fresca, in modo che l'impatto e lo stress della potatura siano sorpassati in poco tempo.
Un discorso a parte meritano invece i succhioni, che vanno mantenuti sulla pianta possibilmente. I succhioni sono dei germogli sterili e non richiamano sostanze nutritive necessarie alla pianta per la produzione e quindi eliminarli crea solo uno stress inutile alla pianta, in quanto non ricambiato da un maggior apporto di nutrienti alle parti "produttive" della vite.Prima di effettuare la piantagione è indispensabile preparare con attenzione il terreno e predisporre un sistema di supporti.
Si inizia rimuovendo le infestanti dall’area e vangando in profondità, lavorando almeno tre settimane prima dell’impianto. Il suolo andrà mescolato con una buona quantità di stallatico sfarinato o pellettato maturo. Terminiamo distribuendo, in superficie, circa 50 g/mq di fertilizzante per piante da frutto. Nel corso della prima annata è bene scegliere un prodotto in cui il macroelemento preponderante sia il fosforo. Ciò favorirà una buona radicazione e una corretta lignificazione dell’apparato portante.La vite può essere impiegata non solo come fruttifero, ma semplicemente con funzione ornamentale. Non è raro quindi che, come supporti, vengano adoperati muri o staccionate. Per favorire la crescita è bene predisporre almeno tre cavi orizzontali a distanza di 25-30 cm uno dall’altro, bloccati fermamente con delle viti ad occhiello.
Se vogliamo invece una piccola vigna in campo aperto o predisporre un pergolato dovremo prevedere un sistema di supporto impiegando cavi tirati tra pali robusti, in legno o, meglio, cemento armato (ne esistono di appositi, già forati per il passaggio dei cavi).Per avere un sostegno stabile è bene interrare i pali, alti complessivamente al minimo 2 metri, nel terreno per almeno 60 cm. I pali andranno distanziati al massimo di 3 metri.Il primo cavo dovrà essere posizionato a 40 cm dal suolo, gli altri a 30 cm uno dall’altro.Nel caso si voglia preparare un pergolato la parte bassa della pianta andrà lasciata per lo più libera da tralci e la ramificazione dovrà cominciare a circa 1,5 metri dal suolo. In questo caso in cima ai pali si dovrà bloccare un palco orizzontale leggermente inclinato o una volta con un ampio raggio di curvatura.Il calendario della vite | |
Impianto | Da ottobre ad aprile |
Fioritura | Da marzo a maggio |
Raccolta | Da agosto ad ottobre |
Potatura | Autunno (formazione) e in primavera |
Concimazione | Fine autunno (stallatico), primavera (di sintesi) |
Il periodo migliore per mettere a dimora le viti è senz’altro l’autunno o, in aree con inverni particolarmente freddi, l’inizio della primavera.
Se la pianta è a radice nuda scaviamo una buca abbastanza ampia da permettere alle radici di allargarsi agevolmente. In caso di piante innestate assicuriamoci che il punto di innesto sia sopraelevato rispetto al livello del suolo.Se poniamo gli esemplari nei pressi di un muro o una staccionata preoccupiamoci che vi sia una distanza di almeno 30 cm e tra un esemplare e l’altro lasciamo almeno 1,2 m.Una volta inserita la pianta compattiamo il terreno alla base e leghiamo il fusto.1. durante la prima stagione lasciamo sviluppare un ramo solo per ogni pianta, indirizzandolo verticalmente lungo il supporto. Gli altri tralci dovranno essere ridotti ad una sola foglia.
2. Alla fine dell’inverno potiamo il fusto principale a circa 40 cm dal suolo, assicurandoci che vi siano almeno tre gemme attive.3. Durante il secondo anno dall’impianto indirizziamo 3 nuovi rami verticalmente, lasciando gli altri ad una foglia4. Due di questi tre rami andranno legati orizzontalmente, in direzioni opposte, al cavo più basso, tagliandoli alla lunghezza di circa 70 cm. Il terzo ramo (verticale) andrà nuovamente tagliato lasciando nello spazio rimanente tre nuove gemme5. Dal terzo anno si procederà indirizzando i tre nuovi rami che crescono lungo il supporto verticale. Dai due rami verticali lasceremo sviluppare tralci secondari. Eliminiamo da questi i primi getti (a foglia) a circa 2,5 cm. Quelli fruttiferi vanno accorciati lasciando tre foglie in cima al supporto.6. Ad ogni fine autunno si procederà accorciando i rami orizzontali. I tre nuovi rami andranno legati orizzontalmente e tagliati a circa 70 cm.La pergola è un sistema di allevamento che consente di ottenere risultati equilibrati per quanto riguarda la quantità e la qualità dei frutti. È inoltre un impiego molto comune negli orti e nei giardini grazie anche al suo gradevole aspetto estetico e alla funzione di riparo che può offrire.
Per ottenere frutti di giusta pezzatura e sapore è però importante intervenire per ridurre il numero di gemme e quindi il raccolto finale.I rami (orizzontali rispetto al terreno) che hanno prodotto l’anno precedente vanno eliminati e sostituiti sistematicamente con altri (fino a 4) nati e sviluppatisi nella stessa annata. che non hanno ancora portato infruttescenze. Le prime gemme laterali possono essere lasciate libere di crescere, le altre vanno accorciate. È consigliato cimare il tralcio dove termina la volta (o anche prima). Più gemme a frutto si svilupperanno e più avremo grappoli piccoli.In Italia le conformazioni più diffuse sono: la pergola romagnola, quella trentina, bresciana e veronese che nella realtà differiscono pochissimo nella tecnica di formazione e mantenimento. Nelle regioni meridionali è anche molto diffusa la forma a tendone.Per un pergolato famigliare l’ideale è avvalersi di uve da tavola. Il prodotto sarà sufficiente per soddisfare le necessità del nucleo e la manutenzione non diventerà troppo impegnativa. Molte inoltre hanno l’indiscusso pregio di essere esteticamente apprezzabili e (alcune) di non necessitare trattamenti fitosanitari frequenti.
Tra quelle bianche sono da tenere in considerazione Italia, Matilde e Victoria. Tra quelle ad acini neri segnaliamo “Alphonse Lavallée Moscato blu, Moscato d’Amburgo.Tra le più amate però, per il loro gusto e la grande resistenza alle malattie, vi è l’uva fragola. È particolarmente apprezzata per il suo sapore dolce, ma ha il difetto di lasciar cadere gli acidi e quindi può macchiare, anche indelebilmente, le pavimentazioni. Vi sono varietà più o meno precoci. Le prime sono preferibili al Nord, poichè le altre potrebbero non riuscire a giungere a maturazione.Queste varietà possono essere riprodotte semplicemente per talea, visto che non temono la filossera. Il loro apparato radicale però cresce stentatamente nei terreni argillosi e calcarei.
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