Infatti, proprio in quegli anni, l'uva Fogarina aveva una larga diffusione, con diverse zone che erano giunte a coprire fino all'80% della superficie generale coltivata.
L'uva Fogarina, quindi, ha rivestito un ruolo molto importante nel corso dei primi anni del Novecento, ma con il passare del tempo cadde in completa desuetudine, complice anche la “mannaia” del riordino legislativo che la tolse dall'albo nazionale dei vigneti (decisione, con ogni probabilità, che si può ricondurre al fatto che tale vitigno appartenesse alla famiglia della Vitis Lambrusca).
A detta di diversi esperti, tra cui anche il pensiero dell'esimio Luigi Veronelli, l'uva Fogarina ha la particolare capacità di garantire dei vini strutturati e colorati, con una profumazione piuttosto intensa, ma anche dei sapori decisamente eleganti.
Con l'arrivo del nuovo millennio, i coltivatori toscani hanno provato a ridare smalto a questa varietà di uva, sopratutto facendo leva sul Lambrusco che, in base alle prove del DNA, appartiene sicuramente a questa famiglia.
Così, sia la Regione Toscana che la Camera di Commercio di Reggio Emilia hanno dato il via alla sperimentazione per includere tale varietà nell'albo nazionale dei vigneti, con l'approvazione del Lambrusco Fogarina DOC: il progetto, però, sembra aver incontrato anche più di un ostacolo sul suo percorso, visto che ancora oggi risulta senza protezione legislativa.
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La Fogarina si caratterizza per essere un vitigno davvero molto vigoroso e in grado di garantire una resistenza non comune ad un gran numero di malattie; inoltre, presenta una maturazione a tal punto tardiva che l'epoca di raccolta corrispondeva agli ultimi giorni del mese di ottobre, anche se piuttosto frequentemente si finiva per raccogliere l'uva dai vitigni anche durante i primi giorni di novembre.
Anche se l'uva Fogarina presenta una maturazione che si verifica molto tardi rispetto a tante altre varietà, è in grado di conservare un livello di acidità piuttosto elevato, al punto tale che spesso è necessario trovare qualche accorgimento per ridurlo.
Considerando l'uva Fogarina in purezza, c'è sicuramente la possibilità che sia in grado di offrire dei risultati davvero molto vantaggiosi in termini di longevità, ma per adesso si tratta di un vitigno che viene sfruttato, nella maggior parte dei casi, per il taglio dei prodotti ministri, aspettando che l'iter legislativo finalmente si sblocchi.
Ripercorrendo la storia dell'Uva Fogarina, sicuramente si ha la sensazione di trovarsi di fronte ad una varietà di uva che ha scritto pagine importanti del settore vinicolo italiano, con la consapevolezza che, però, il presente è piuttosto difficile da accettare, sopratutto per via di tanti, troppi, intoppi burocratici.
Nei primi anni del Novecento, la resa (in hl di vino) dell'uva Fogarina si aggirava intorno ai 60 mila ettolitri, con i vitigni che veniva coltivati, nella maggior parte dei casi, all'interno delle golene.
Non vi era alcun dubbio sul fatto che fosse la varietà maggiormente coltivata a Reggio Emilia (e, in modo particolare, all'interno dei comuni di Gualtieri, Brescello e Boretto).
La denominazione Fogarina ha una provenienza piuttosto incerta, dal momento che è circondata da diverse leggende, di cui si fa fatica a capire la veridicità.
La prima leggenda sostiene che il nome Fogarina deriva dalla caratteristica dell'uva, di riuscire ad accendere in modo intenso e predominante nei tagli con vini diversi; la seconda leggenda, invece, fa derivare il termine Fogarina dal suo fantomatico arrivo nelle zone reggiane in seguito ad una piena del Po che, trascinando con la sua furia piante e semi, creò un boschetto di ridotte dimensioni che venne proprio battezzato Folgarin.
Testimonianze relative all'uva Fogarina si ritroverebbero, però, addirittura in uno scritto di Virgilio, probabilmente per via del fatto che, a quei tempi, l'uva Fogarina si trovava come Vitis Lambrusca nella zona di Reggio Emilia.
Il Fogarina, già diverso tempo fa, veniva descritto come un vino molto buono, che si caratterizza per via della sua profondità e per la sua struttura, con un'elevata concentrazione di alcol, con 14 gradi e diversi aromi, tra cui lampone e ribes quelli predominanti.
Le ultime micro-vinificazioni che sono state eseguite con l'arrivo del nuovo millennio, hanno indubbiamente dato conferma di tutte queste caratteristiche del vino Fogarina.
La colorazione di questo particolare vino si diversifica partendo dal rubino e finendo al violetto intenso, con delle ottime sfumature violacee.
All'olfatto, questo vino dimostra delle tipicità floreali e speziate, ma esprimendo anche degli intensi aromi di ribes e ciliegi, ben accompagnati da toni caramellati e da qualche aroma vegetale, come ad esempio i peperoni.
Al gusto, il vino Fogarina si caratterizza per essere piuttosto ricco, con una struttura media ed una buona persistenza che arriva fino ai sette secondi; acidità e astringenza sono ad un livello medio: in fin dei conti, si tratta di un vino in cui tutti sperano che possa finalmente rientrare nella cerchia DOC.
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