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La peronospora della vite è causata da un fungo originario dell’America del Nord, il Plasmopara viticola. Importato casualmente in Francia alla fine del Settecento, l’agente patogeno si è poi diffuso in tutta Europa causando i danni che tutti noi ormai conosciamo. La peronospora della vite si riproduce per via sessuata, perché il fungo emette spore di natura maschile, detti anteridi, e femminile, conosciute come oospore. Queste ultime attraversano un periodo di riposo in inverno, per germinare in primavera. Il trasporto sulla pianta avviene ad opera del vento e della pioggia e in condizioni ben precise di umidità e temperatura. Le spore fecondante possiedono dei filamenti che ne consentono l’attaccamento alla superficie fogliare della vite. Su questa, le spore iniziano la penetrazione negli stomi delle foglie. Dopo questa fase, il fungo produce delle strutture a forma di bottone che penetrano nelle cellule vegetali per sottrarre il nutrimento alla pianta. Dalla fase di deposito delle spore sulle foglie( incubazione), alla fase di infezione, possono passare da quattro a venti giorni. La variabilità del passaggio dall’incubazione all’infezione è determinata sempre dalle condizioni ambientali in cui viene coltivata la vite.
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La peronospora della vite è favorita, come già detto nei precedenti paragrafi, da condizioni ambientali ben precise. In genere, quando si parla di fitopatologie causate da funghi le cause sono sempre riferibili a eccessiva temperatura e umidità. Nel caso della peronospora della vite bisogna però che temperatura e umidità siano comprese entro certi parametri e accompagnate anche da eventi piovosi. Le prime infezioni di peronospora si manifestano a temperature superiori ai 10 gradi e con pioggia di almeno dieci millimetri. Ma non solo: l’infezione ha inizio solo se la vite presenta particolari caratteristiche vegetative, come germogli con stomi netti e ben evidenti e foglie bagnate. Una volta che l’infezione ha avuto inizio, le spore producono altre spore che a loro volta vengono trasportate dal poggia e vento sulle altre viti presenti nella vigna. E’ così che la peronospora della vite assume le proporzioni endemiche che tutti noi ormai conosciamo. Se sussistono altre elevate condizioni di umidità e temperatura, si possono verificare anche delle infezioni secondarie che portano alla produzione di muffa bianca sulla pagina inferiore delle foglie.
La peronospora della vite è facilmente riconoscibile dai sintomi: classico bottone o macchia gialla sulle foglie della pianta, eventuale presenza di muffa bianca nella pagina inferiore delle stesse, acini disseccati o a forma di “esse” e di colore bruno. Gli acini assumono questa conformazione perché la pianta, essendo privata delle sue sostanze nutritive, non è in grado di procedere alla maturazione completa dei frutti, che si bloccano nella crescita andando in necrosi. Stesso arresto e disseccamento si può avere anche nelle infiorescenze.
Nel caso della peronospora della vite, prevenzione e lotta spesso coincidono. Il motivo di questa “ coincidenza” si spiega con il fatto che questa malattia viene spesso combattuta con composti rameici. In agricoltura biologica si usa un fungicida rameico molto famoso: la poltiglia bordolese. Il rame ha una funzione preventiva perché va irrorato sulla vite prima dell’infezione. Lo svantaggio di questa sostanza è che viene dilavata con le piogge, per cui è necessario ricorrere a successivi interventi di copertura, ecco perché si ricorre all’uso del rame solo in condizioni di scarse piogge. Negli altri casi si preferisce usare fungicidi sistemici di natura esclusivamente chimica, come Ditiocarbammati, Cimoxanil e Fosethyl. I fungicidi chimici hanno una maggiore resistenza al dilavamento rispetto al rame, ma rischiano di rendere il fungo resistente ai trattamenti. Per evitare fenomeni di resistenza, si consiglia di non esagerare con le somministrazioni dei fungicidi curativi: meglio non usarli più di 3 volte l’anno. Lo svantaggio della resistenza del fungo non è presente nel rame, che può essere usato non solo a scopo preventivo, ma anche per sradicare la malattia. Purtroppo, però, per effetto del dilavamento, il rame tende ad accumularsi nel terreno causando fenomeni di inquinamento ambientale.
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