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La parola Silybum deriva dal greco “silybon” che stava a significare un cardo che presenta delle foglie screziate. Il nome cardo santo, invece, fa riferimento essenzialmente alla leggenda secondo cui le macchie bianche che si trovano sulle foglie, sarebbero state originate dalle gocce di latte della Vergine Maria, nel momento in cui stava cercando di nascondere e proteggere il figlio Gesù dai romani, proprio nel corso della fuga verso l'Egitto.
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Il cardo santo, che viene anche chiamato con il nome di cardo benedetto, si caratterizza per essere utilizzato in tutti quei casi in cui è necessario contrastare l'inappetenza o dei disturbi dispeptici, dato che per merito della sua particolare azione amaro-tonica, riesce a svolgere una funzione stimolante, per via riflessa, della secrezione gastrica, in maniera tale da semplificare e favorire i processi digestivi.
I suoi principi amari, che ricordano un po' quelli che caratterizzano il carciofo (ma in realtà sono estremamente più potenti) e sono fortemente coleretici e colagoghi.La pianta del cardo santo presenta al suo interno flavonoidi, acidi grassi, silimarina, linoleico, oleico e palmitico, proteine e mucillagini.Si tratta di una pianta che è in grado di esercitare un'azione emmenagoga, astringente, colagogo, stimolante, diuretica, ermetica, tonica ed epatoprotettrice.Le radici presentano, invece, delle ottime proprietà diuretiche e febbrifughe, mentre le foglie si caratterizzano per avere delle ottime proprietà aperitive.La parte più importante di questa pianta è rappresentata dai semi che, con il loro contenuto di silimarina, permettono di svolgere un'azione protettrice, disintossicante e curativa del fegato.Inoltre, diversi studi sono riusciti a dimostrare anche che la silimarina svolge una funzione antagonista su un gran numero di sostanze epatotossiche come la falloidina e l'alfa-amanitina.Negli ultimi anni, numerose ricerche e studi hanno portato a conoscenza del fatto che la pianta di cardo santo può vantare un'attività antisettica che ne consente l'uso come detergente e cicatrizzante per combattere le ulcere e le piaghe.L'utilizzo del cardo santo è ovviamente limitato dal suo forte sapore amaro che caratterizza tutti gli infusi che vengono preparati con questa pianta e presenta una particolare controindicazione nei confronti di tutte quelle persone che soffrono di infiammazioni a livello renale ed intestinale.Per fare in modo di sviluppare nel migliore dei modi tali proprietà amaro-toniche ed eupeptiche che caratterizzano la pianta di cardo santo, è sempre che le preparazione vengano assunte una mezz'ora prima di ogni pasto e debbano essere sorseggiate piuttosto lentamente, proprio per consentire lo sviluppo di un'azione riflessa mediante la stimolazione dei recettori gustativi.
Si può anche ricavare un liquore di cardo santo: la preparazione ricalca quella di tutti gli altri liquori.In pratica, la parte superiore dei fiori e dei fusti di cardo santo viene liberata dalla scorza, ma in particolar modo le radici devono essere messe in infusione alcolica a freddo con la tradizionale aggiunta di zucchero o miele.In seguito ad un adatto periodo di decantazione e invecchiamento, il consiglio è quello di consumare il liquore di cardo santo alla fine dei pasti.Per la preparazione del vino al cardo santo, invece, è necessario provvedere alla macerazione, per un periodo di almeno cinque giorni, di 30 g di cardo santo in un litro di vino bianco. Si tratta di un vino che deve essere assunto prima dei pasti, dato che ha un effetto aperitivo, mentre nel momento in cui viene assunto a metà mattina o a metà del pomeriggio presenta un effetto tonico.Nel corso del quindicesimo secolo la pianta del cardo santo era molto diffusa, tanto che ne parlà addirittura anche Shakespeare e veniva utilizzata come un ottimo rimedio per contrastare la palpitazione.
Questa pianta veniva considerata come un vero e proprio tesoro dei poveri e una panacea, al contrario, per i padri di famiglia.Gli antichi, però, non hanno lasciato ai posteri alcun tipo di menzione: si cominciò a parlare di questa pianta dalla metà del 1400, sopratutto dal periodo in cui viene portata dalle Indie e venne data in dono a Federico III, come sovrano rimedio per combattere l'emicrania: si dice che il vantaggio che ottenne l'imperatore ammalato, le diede il meritato predicato di benedetto.
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