buon enrico
Chenopodium Bonus-Henricus L: è il nome scientifico che fa riferimento al buon enrico, una pianta perenne ed erbacea che può vantare la presenza di un rizoma dalle dimensioni particolarmente elevate e caratterizzato da una colorazione giallastra.
Il fusto della pianta di buon enrico si caratterizza per avere un portamento eretto (anche se in alcuni casi si possono ritrovare specie di
buon enrico che hanno un portamento strisciante), che riesce a ramificarsi fin proprio alla base.
La pianta del
buon enrico ha la particolare caratteristica, inoltre, di raggiungere un'altezza che varia da pochi centimetri a 60 centimetri.
Andando più nello specifico, il buon enrico presenta delle foglie che sono caratterizzate da un margine e un contorno ondulato: quelle più vicine alla base, inoltre, possono vantare su un picciolo particolarmente lungo che, risalendo sul fusto, si accorcia sempre di più.
Le foglie alla base della pianta di buon enrico presentano una forma tipicamente triangolare, che assomiglia spesso ad una freccia e, per tale ragione, vengono definite astate o sagittate.
Nel momento in cui si prova a toccare queste foglie, spesso si ha la sensazione di aver a che fare con una superficie farinosa: ciò è dovuto alla presenza di una fitta peluria, che può rimanere appiccicata, in molti casi, alle dita.
I fiori del buon enrico sono caratterizzati da una dimensione particolarmente ridotta e si sviluppano all'interno di una spiga dalla forma tipicamente allungata, che si distingue per un caratteristico colore verdastro che tende, in molti casi, al rosso.
La fioritura di questa pianta avviene nel corso del periodo compreso tra il mese di giugno e quello di settembre.
Si tratta di una pianta che è particolarmente diffusa lungo tutto il territorio italiano, ma ha la particolare caratteristica di svilupparsi sopratutto nella parte montana e submontana, dato che cresce, nella maggior parte dei casi, nelle zone che presentano un'altitudine compresa tra 500 e 2800 metri.
La pianta del buon enrico si caratterizza per prediligere tutti quei terreni che risultano azotati, con un buon livello di concimazione.
Ecco spiegato il motivo per cui cresce in modo spontaneo sopratutto nei pascoli alpini e in tutti quei luoghi in cui il bestiame è solito pascolare o sostare, ma in alcuni casi si sviluppa anche lungo le strade.
Non dobbiamo dimenticare come in numerose occasioni possiamo trovare una crescita “in associazione” con un'altra pianta particolarmente diffusa come l'ortica, dato che ha lo stesso habitat del buon enrico.
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La pianta del buon enrico presenta la particolarità di essere stata utilizzata davvero in misura piuttosto limitata all'interno del settore erboristico.
Di contro, però, possiamo dire che questa pianta è particolarmente apprezzata nel momento in cui si tratta di sfruttarla in campo culinario, all'interno del quale è in grado di svolgere un'ottima azione antianemica, per via della folta presenza di vitamine e anche di ferro.
All'interno del buon enrico possiamo trovare anche una buona quantità di mucillagini e di saponine.
Il buon enrico si può utilizzare sotto forma di preparazioni realizzate in casa.
Ad esempio si possono preparare dei composti che danno sollievo nei confronti di scottature e piaghe: si tratta essenzialmente delle foglie di buon enrico, che vengono scottate all'interno dell'olio di oliva e poi utilizzate come se fossero dei veri e propri impacchi.
Inoltre, le foglie del buon enrico sono molto efficaci nel momento in cui si ha la necessità di far giungere a maturazione dei foruncoli o degli ascessi.
In quest'ultimo caso, il consiglio è quello di apporre le foglie fresche di buon enrico direttamente sopra la parte che risulta interessata dal malanno, in maniera tale da porvi rimedio nel modo più veloce possibile.
Il buon enrico, alla stregua di tutte le altre piante che fanno parte della famiglia delle Chenopodiacee, presenta al suo interno una buona quantità di acido ossalico che, una volta dopo essere stato ingerito e metabolizzato, ha la particolarità di integrarsi con il calcio che circola all'interno del sangue.
In questo modo, i due componenti vanno a formare un composto che non è altro se non l'ossalato di calcio, ovvero una delle principali cause che provocano i calcoli renali.
Ecco spiegato il motivo per cui è sempre meglio evitare di consumare prodotti a base di buon enrico nel caso in cui si soffra di calcoli, artrite e reumatismi.
Questa pianta è particolarmente diffusa ed apprezzata da parte degli alpigiani, ma ha un posto di tutto riguardo anche in campo culinario, visto che presenta un sapore davvero molto gradevole, che può ricordare spesso quello degli spinaci, anche se è più forte ed intenso.
Le foglie che presentano un'età minore, hanno la particolarità di poter essere cucinate anche crude, realizzando delle ottime insalate: allo stesso modo, anche i germogli più giovani hanno la particolarità di poter essere mangiati o cucinati proprio nello stesso modo che avviene per gli asparagi.
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Il nome botanico di quello che in gergo viene chiamato il Buon Enrico è Chenopodium Bonus-Henricus. E’ una pianta erbace
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