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Oltre a determinate sostanze di natura chimica e naturale, i fertilizzanti possono comprendere anche delle specifiche pratiche colturali che mirano a migliorare la qualità del terreno e della pianta coltivata. Ampliando la definizione di “fertilizzante” potremmo ricomprendere in questo termine anche la tecnica dell’irrigazione, dell’areazione, dell’aratura, del sovescio e del rivoltamento del terreno, fino alle potature ed agli innesti. Tutte le pratiche colturali puntano, infatti, agli stessi obiettivi: favorire una crescita sana delle piante, assicurare una corretta nutrizione del terreno e delle radici vegetali, rendere le specie coltivate più resistenti alle avversità ed alle malattie. Fertilizzare il terreno tramite sostanze specifiche e tecniche mirate è il passo fondamentale per imparare a coltivare le proprie piante, sia per scopi ornamentali che per quelli prettamente agricoli.
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In senso stretto, però, il termine “fertilizzante” si riferisce a determinate sostanze che, aggiunte al terreno, ne condizionano la nutrizione e la capacità di favorire un adeguato e sano sviluppo delle piante. Tra i principali fertilizzanti usati in agricoltura e giardinaggio spiccano, specie, in epoca moderna, quelli chimici. Si tratta di prodotti ottenuti da lavorazioni industriali più o meno complesse che usano miscele di sostanze minerali utili alla fertilizzazione del terreno. Le sostanze necessarie al terreno, presenti in natura, come azoto, potassio, fosforo, calcio, ferro, magnesio e altri, vengono combinate con altri composti chimici che ne accentuano l’efficacia ed i tempi di fertilizzazione del terreno stesso. I fertilizzanti chimici contenenti le sostanze di nutrizione del terreno si chiamano anche concimi. In commercio esistono concimi chimici in forma liquida, granulare o in polvere. In base alla formulazione e alla sostanza contenuta, si distinguono quelli fosfatici, azotati e potassici. Le combinazioni con ulteriori componenti chimici possono portare alla nascita di cloruri e solfati potassici o fosfatici e di nitrati ed urea azotati. I concimi chimici hanno fatto registrare negli ultimi anni dei consumi eccessivi per via della loro facilità di trasporto e dei prezzi di vendita estremamente accessibili, anche se da alcuni studi si evince che tali sostanze hanno un elevato impatto ambientale considerandole tra i probabili prodotti responsabili dell’effetto serra. Tra i fertilizzanti chimici ammendanti si ricordano l’acido vinilacetato maleico ed i sali ferrici, mentre tra i fertilizzanti correttivi citiamo la calciocianamide, il nitrato di calcio, il solfato ammonico e potassico, il cloruro ( sempre potassico) e il perfosfato minerale. I concimi chimici complessi, cioè composti da più elementi, possono avere una funzione sia nutritiva che ammendate e correttiva, tanto da rendere molto stretti i confini che differenziano la concimazione dalla fertilizzazione.
I fertilizzanti naturali derivano da sostanze organiche, cioè da organismi viventi che hanno subito delle trasformazioni molecolari ad opera di microrganismi o di trattamenti specifici, ma non di natura industriale. I fertilizzanti naturali hanno il vantaggio di non essere inquinanti e comunque di esserlo meno di quelli chimici e di rispettare meglio la fisiologia del terreno e della pianta. Tra l’altro, i fertilizzanti naturali sono quelli ammessi in agricoltura biologica che, nei suoi metodi di coltivazione, esclude proprio l’utilizzo di prodotti chimici e di altri procedimenti industriali. Anche i fertilizzanti naturali, al pari di quelli chimici, possono avere contemporaneamente una funzione nutritiva, correttiva e ammendante. E’ il caso del letame, che contiene sia composti fondamentali per la nutrizione della pianta ( azoto, fosforo, potassio), che minerali con proprietà ammendanti, quali calcio e magnesio. La fertilizzazione può avvenire anche con altri prodotti assolutamente naturali, come l’argilla, la sabbia, con funzioni ammendanti, il sangue essiccato di animali, con funzioni nutritive, l’humus, di cui fa parte la torba, e il compost.
L’humus è considerato il principale fertilizzante naturale. Si tratta di una sostanza che si forma dalla decomposizione di scarti delle piante ( foglie, legno, petali di fiori, radici). Le parti vegetali che le piante perdono in determinate condizioni, si ammassano sul terreno venendo decomposte da microrganismi che le scindono in sostanze organiche elementari ricche di carbonio e di elementi nutritivi. La decomposizione delle parti organiche delle piante avviene in condizioni di ristagno o di immersione o di particolare areazione. L’humus si può formare nelle paludi, ma anche nelle foreste. In base alle condizioni in cui si forma avremo diversi tipi di humus, con una composizione minerale differente da un composto all’altro. In condizioni di immersione totale si forma la torba, ovvero il precursore del carbone. La torba deriva dalla decomposizione organica di resti vegetali e animali immersi in acqua e viene utilizzata come nutriente e per il suolo favorendone anche la permeabilità. Alcuni tipi di torba, come quella bianca, senza azoto e sali minerali, vengono usate come fertilizzanti delle piante carnivore. Su suoli forestali si forma humus acido, mentre su quelli agrari e nelle praterie si crea quello calcico. L’humus riveste un’importanza potremmo dire quasi fondamentale nei processi di fertilizzazione biologica del terreno perché permette un migliore assorbimento delle sostanze nutritive, un’ottima ritenzione idrica, che riduce i costi per le irrigazioni, e una buona interazione con le sostanze minerali che permettono di migliorare le caratteristiche chimico fisiche del suolo.
Il compost è una sorta di humus artificiale ottenuto attraverso procedimenti umani ( ma non chimici) che consentono di ottenere una sostanza simile all’humus, derivata cioè dalla decomposizione di materia organica ( resti di piante, legna, insetti e animali) ad opera di batteri e microorganismi. La differenza, tra compost ed humus, sta nei metodi di ottenimento del fertilizzante. Il primo viene ottenuto lavorando gli scarti organici in appositi impianti industriali, detti centri di compostaggio. In questi impianti si ricreano le condizioni per favorire lo sviluppo di microorganismi e batteri che si nutrono degli scarti trasformandoli in compost. Il compost si ottiene anche dallo smaltimento dei rifiuti domestici di natura organica ( bucce della frutta, avanzi di pranzo, cena e simili). In casa e in giardino, il compost si può ottenere con dei metodi molto semplici. I più importanti sono il cumulo e il compostaggio di superficie. Il compost per cumulo si ottiene triturando diversi scarti organici ( terricci vecchi, fiori appassiti, paglia, fondi di caffè, foglie e gambi dei legumi, frutta, ecc.). Aggiungere del legno alle sostanze tritate migliora il processo di decomposizione. I rifiuti si possono sminuzzare a mano o con appositi tritatutto. Il miscuglio di rifiuti va addizionato con altre sostanze ricche di nutrienti, come il letame, che è ricco di azoto e serve a legarsi con il carbonio potenziando le proprietà del compost. Il miscuglio va fatto decomporre in un luogo ben areato, facendo attenzione a umidificarlo nei periodi caldi e secchi ed a proteggerlo durante quelli più umidi e piovosi. L’areazione evita, nel compost, l’accumulo di umidità, che può provocare lo sviluppo di muffe dannose. Il compost di superficie si ottiene con la stessa tecnica di quello in cumulo, solo che il mucchio tritato va fatto decomporre ai piedi delle piante. Prima di questa procedura il terreno va zappato, mentre il cumulo va rimestato frequentemente per garantirne la buona areazione.
Anche le tecniche colturali svolgono una funzione fertilizzante per il terreno. Tra queste tecniche troviamo l’aratura, praticata nei campi agricoli. L’aratura consiste nel ribaltare alcune zolle del terreno con l’aratro. Questo strumento muove il suolo tagliandolo o rovesciandolo. L’aratura si esegue in zone, cioè procedendo su porzioni di terreno chiamate fette. I diversi movimenti sulle singole fette comporteranno l’aratura completa del terreno. Lo scopo dell’aratura è migliorare le caratteristiche chimiche e fisiche del terreno per renderlo idoneo alla coltivazione delle piante. Il movimento del terreno ne stimola anche l’areazione che, a sua volta, facilita l’azione dei batteri favorendo pure l’assorbimento delle sostanze nutritive.
Tra le tecniche di fertilizzazione ricordiamo anche il sovescio. Questa tecnica consiste nell’interrare specifiche coltivazioni per migliorare la fertilità del terreno. Il sovescio consente un maggiore assorbimento dell’azoto atmosferico nel suolo. Con questa pratica si rallenta il rischio di erosione dei terreni, si mantiene la disponibilità di azoto nitrico e si incrementa la quantità di sostanza organica necessaria alla nutrizione delle piante. Il sovescio è praticato in agricoltura biologica, specie nelle zone con clima arido e caldo, dove a volte possono scarseggiare i fertilizzanti organici.
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