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Gli studi di tossicologia hanno attestato che alcune specie di rododendro native nel nord dell'Asia Minore sono in effetti velenose per la presenza nella pianta – in particolare nelle foglie, nei fiori, nel nettare e, quindi, trasferita al miele – della tossina ‘grayanotoxin’ che, una volta ingerita, a seconda della quantità consumata, colpisce il sistema gastroenterico, cardiovascolare, nervoso e muscolare provocando sintomi di diversa gravità. Benché le foglie siano dure e scarsamente appetibili, gli animali più a rischio sono quelli da pascolo, i cavalli, gli uccelli: la morte per avvelenamento può sopravvenire entro poche ore o al massimo entro due giorni dalla comparsa dei malori. Nell’uomo, l’intossicazione o avvelenamento da grayanotoxin o da miele tossico di rododendro per lo più raccolto da apicoltori a livello amatoriale dura circa 24 ore, si manifesta con segni clinici – vertigini, debolezza, sudorazione, nausea, vomito, dolori gastro-addominali, anomalie e aritmie cardiache, abbassamento della pressione arteriosa – poco dopo l’ingestione (da pochi minuti a due o più ore) ed è raramente a esito letale. Diversi casi di questo genere sono stati documentati negli anni ‘80 in Turchia e in Austria, ma le diagnosi non hanno richiesto l’ospedalizzazione.
Lo storiografo e mercenario greco Senofonte (ca. 430/425 a.C.-355 a.C.) riportò la notizia della tossicità del miele di rododendro nell’opera ‘Anabasi’ (IV sec. a.C.), resoconto del fallimento dell’impresa armata di 10mila mercenari assoldati da Ciro il Giovane per tentare di usurpare il trono di Persia al fratello maggiore Artaserse II, re di Persia e dell’Egitto. Descrisse che, durante il ritiro dell'esercito da Babilonia nel 401 a.C., i soldati si accamparono sulle colline armene di Trebisonda (fondata dai Greci come Trapezunte, in turco Trabzon), sulla costa meridionale turca del Mar Nero (in turco Ponto Eusino), consumarono in grande quantità del miele estratto dai favi dei tantissimi alveari sugli alberi di rododendri a fiori gialli per calmare la fame, ma la maggior parte di loro furono colti da nausea e vomito, mentre coloro che si erano abbuffati barcollando caddero svenuti e rimasero privi di sensi per un giorno intero. La stessa disavventura toccò nel 327 a.C. anche all’esercito di Alessandro III, re di Macedonia, noto come Alessandro Magno, in spedizione sulla via dell'India e, nel 66 a.C., alle truppe del generale e politico romano Gneo Pompeo Magno, in ritirata vicino a Trabzon durante la terza guerra (75 a.C.-65 a.C.) contro Mitridate VI, re del Ponto, detto Mitridate il Grande. In questo caso, lo storico e geografo greco Strabone (ca. 58 a.C.-ca. 21/25 d.C.) raccontò che, durante un attacco, ebbero la peggio i tre squadroni di soldati che erano in preda agli effetti del miele avvelenato di cui si erano cibati e che avevano preso da alveari forse posti deliberatamente lungo il percorso dai difensori. Nella stessa regione, per uno stratagemma simile, nel 946, i nemici russi di Olga di Kiev, reggente (945-ca. 963) per il figlio Svjatoslav, accettarono un grande quantitativo di miele fermentato e poi 5mila di loro furono massacrati mentre erano caduti in uno stato di torpore. Della tossicità delle fioriture primaverili di alcune specie di rododendri trasferite al miele di questo tipo nella zona del Mar Nero aveva già messo in guardia lo scrittore e naturalista romano Plinio il Vecchio (Gaio Plinio Secondo, 23-79) nell’enciclopedia ‘Naturalis Historia’ (77). I turchi, pur essendo consapevoli dei potenziali effetti collaterali del miele di rododendro prodotto in loco, lo aggiungevano alle bevande alcoliche per intensificarne gli effetti. A tale scopo, questo miele venne importato in Europa a tonnellate nel XVIII, dopo che l’arbusto di 'rododendro del Mar Nero' era stato introdotto dal botanico francese Joseph Pitton de Tournefort (1656-1708) nel 1702 dopo un viaggio in Asia Minore. La tua seconda vita comincia quando capisci di averne una sola Prezzo: in offerta su Amazon a: 14,36€ (Risparmi 2,54€) |
In molte parti del mondo, le piante cespugliose e gli alberi di rododendro sono largamente coltivati ad uso commerciale e a scopo ornamentale nell’architettura del paesaggio. Per le dimensioni e per la struttura arbustiva legnosa, per le infiorescenze a grandi fiori vistosi e profumati, di solito tubolari a forma di campana o imbuto dai colori (rosso, violaceo, rosa, bianco o screziato di porpora) brillanti, per il fogliame lucente sempreverde (in molte varietà), i rododendri vengono messi in risalto nei giardini o come siepi a copertura a bassa crescita. Alcune specie introdotte vanno a sostituirsi al sottobosco naturale risultando invasive nelle zone boschive.
I tronchi ritorti di albero di rododendro sono impiegati nella lavorazione di mobili artigianali (sedie, panche, cassapanche, sgabelli, armadi, telai di letti, ecc.) e di altri prodotti (casse, ecc.); i rami vengono intagliati per fabbricare bastoni da passeggio nella Carolina del Nord, manici di coltelli da combattimento in India, porta-incenso da bruciare nei templi buddisti. Nei luoghi dove è di facile raccolta, risulta un’ottima legna da ardere. In India, i fiori aromatici di rododendro sono utilizzati principalmente in profumeria (deodoranti per ambiente, ecc.); l’olio essenziale dalle caratteristiche note fresche erbacee, forti ed inebrianti, è distillato anche ad uso cosmetico e per fabbricare bastoncini di incenso. Il vino 'Guranse' (‘rododendro’) è preparato con i fiori di una specie di rododendro indiano: dopo 24 ore dalla raccolta, ripone Il succo spremuto in una botte di legno, si aggiunge melassa e lievito, si lascia fermentare per 25-30 giorni e quindi si distilla. Nei villaggi di montagna di Lachen e di Lachung, nello Stato del Sikkim nel nord-est dell’India, l’estratto di pianta di rododendro è adoperato dalla popolazione locale come insetticida naturale e la corolla agro-dolce viene cucinata in gustose fritture; nelle zone del Tibet, viene preparata la marmellata. Nell’antica medicina indiana, i fiori essiccati di rododendro erano consigliati per alleviare la diarrea, la dissenteria, i reumatismi cronici, la sciatica, la sifilide, mentre legno e rametti nei casi di tisi e febbre cronica. E’ stato rilevato che la pianta di rododendro può svolgere funzioni epatoprotettive e anti-infiammatorie probabilmente per il contenuto di efficaci anti-ossidanti (flavonoidi, saponine, polifenoli), mentre la radice regola l’attività renale. Nei territori attorno all'Himalaya, è popolare l’utilizzo dell'olio essenziale di rododendro come calmante fisico-mentale e per alleviare i dolori reumatici. Con le foglie profumate del rododendro di alta montagna 'Himalaya Sunpati’ vengono preparati incensi per uso locale.
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