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Nell'impero romano, un vino alla rosa veniva preparato con i petali, erano usati a profusione anche in numerose situazioni diverse, lungo i percorsi di gara dei vincitori, come decorazione di ambienti, dentro l’acqua di fontane, nel letto nuziale a garanzia di un matrimonio felice.
Il padre della medicina, il greco Ippocrate (460 a.C. circa-377 a.C.), prescriveva i petali di rosa macerati nell’olio come rimedio contro alcune malattie dell'apparato genitale femminile e, in seguito, si riconobbero anche altre proprietà medicamentose proprie di questo fiore. Anni addietro, nell'Iliade’, Omero descrisse Afrodite vegliare giorno e notte la salma di Ettore, massaggiandolo con olio di rose per imbalsamarlo. Si racconta che in Egitto, la regina Cleopatra (69-30 a.C.) – che pretendeva di avere il letto coperto di rose fresche ogni giorno – avesse accolto Marco Antonio coperta da una coltre di profumatissimi petali di questo fiore, al quale attribuiva poteri afrodisiaci, quando avvenne il loro ultimo incontro d’amore prima della partenza dell’amante. In occasione di un banchetto in onore di questi, Cleopatra aveva fatto spargere una quantità così spropositata di petali di rose da ricoprire i pavimenti del suo palazzo. Per rimarcare quanto era innamorata, aveva poi imbevuto di acqua di rose le vele della nave in modo che il profumo trasportato dal vento le avesse preannunciato l’imminente arrivo dell'amato molto tempo prima che lei potesse vederlo. L’imperatore Nerone (37-68 d.C.) – che pare dormisse in un letto di petali di rosa – ne usava così tanti come tappeto e per il vino aromatico da sperperare somme esorbitanti. Questo consumo abbondante e diffuso anche tra il popolo romano indusse a impiantare vivai di rose per coltivarlo nell’Italia meridionale invece che farlo arrivare dall’Egitto, grande produttore, a costi elevatissimi. Nel Medioevo, per superstizione frammista a devozione, ai petali di rosa – il fiore sacro della Madonna protettrice e artefice di ogni salvezza – furono attribuiti poteri magici contro il rischio di contagio di malattie. Così, durante le pestilenze, si diffuse in Europa l’usanza di portarli addosso come amuleto, oltre ad utilizzarli come disinfettante delle vesti e degli ambienti. Durante il Rinascimento, i petali di rosa – simbolo dell’amore – erano sparsi nella dimora e lungo il percorso seguito dalla sposa per andarsi a sposare. Ma con i petali freschi si preparavano sciroppi e mieli, invece quelli essiccati erano l’ingrediente base di bevande – infusi, tisane, acquavite – e di numerose preparazioni cosmetiche (acque profumate, unguenti, talchi, saponi, deodoranti). Secondo la raccolta di novelle orientali ‘Mille e una notte’ (X secolo, autori diversi), il califfo di Baghdad serviva una marmellata di rose così speciale da soggiogare tutti quelli che la assaggiavano. Si narra anche che, nel 1187, il sultano e condottiero musulmano Saladino, riconquistata Gerusalemme dai Crociati, si rifiutò di entrare in una moschea finché non fosse stata completamente purificata con acqua di petali di rose fresche, così occorsero più di cinquanta cammelli per trasportare la mercanzia da Baghdad. In Inghilterra, profumati petali di rosa venivano cuciti nelle gonne dalle cortigiane della regina Elisabetta I per affascinare i corteggiatori. Si impiegavano anche per profumare gli alimenti e l’acqua per lavare gli indumenti e, essiccati in pot-pourri, erano esposti nelle stanze. Dal 1656, vengono sparsi petali di rosa (‘sa ramadura’ o ‘infiorata’) a tappeto lungo il percorso del Cocchio Sacro in processione durante la ‘Sagra di Sant'Efisio’ – uno dei più sentiti eventi religiosi e folkloristici in Sardegna – celebrata ogni primo maggio dall’anno in cui il Santo martire salvò Cagliari da un’epidemia di peste. Nell’isola sarda, i petali di rosa erano tra i simboli della tradizione in occasione del matrimonio: venivano sparsi sul capo degli sposi quale augurio di amore per tutta la durata dell’unione coniugale. In Italia, tutt’oggi sono lanciati (insieme o al posto del riso) agli sposi dagli invitati, appena escono dalla cerimonia nuziale, come augurio di felicità e di prosperità che in origine, nella tradizione medievale, prevedeva invece chicchi di grano come simbolo di fertilità. 50 girasoli e altri fiori a maglia ai ferri e all'uncinetto Prezzo: in offerta su Amazon a: 13,61€ (Risparmi 5,89€) |
Alcuni petali di rosa – simbolo di rinascita, rinnovamento e salvezza –dovevano essere mangiati dal giovane Lucio come rimedio di purificazione per riprendere le proprie sembianze umane dopo che era stato trasformato in asino invece che in gufo, come avrebbe voluto, in seguito ad un errore di magia. Dopo lunghe vicissitudini – narrate dallo scrittore, filosofo e oratore Apuleio (124 – 170 circa) nell’opera di letteratura latina intitolata ‘Metamorfosi’ (o ‘L'asino d'oro’) – Lucio concluse il complesso percorso di espiazione dai peccati e riuscì a diventare sacerdote del culto di Iside.
Spicchi di aglio dovevano essere avvolti nei petali di rosa da tre commensali che, in questo modo accoppiavano rispettivamente il simbolo della prosa con quello della poesia durante il ‘Pranzo parolibero primaverile’ descritto nel testo di letteratura futurista inserito nella raccolta (1932) del poeta e scrittore Filippo Tommaso Marinetti e del poeta pittore Fillia (Luigi Colombo). Contro l’ansia e la monotonia, questi improbabili accostamenti di sapori distanti di questa corrente di avanguardia avevano lo scopo di riconfigurare e ricombinare l’esistente per mezzo di schemi percettivi in modo da originare ex-novo accordi dagli effetti insoliti. Nella sperimentazione poetica della cucina futurista, il gusto viene quindi deformato per anticipare una nuova armonia con il senso del linguaggio.Nel dipinto ‘Le rose di Eliogabalo’ (1888), il pittore anglo-olandese Lawrence Alma-Tadema (1836-1912) rappresentò un macabro scherzo che si racconta – nella biografia contenuta nella controversa raccolta ‘Historia Augusta’ (244-253), di dubbio autore – fosse stato messo in atto per capriccio dallo stesso imperatore Eliogabalo (218-222), uno dei più dissoluti tra gli imperatori dell’antica Roma, durante l’ennesimo banchetto sfarzoso della serie che organizzava. A un dato segnale, un baldacchino artefatto rilasciò tonnellate di petali di rosa che soffocarono gli ospiti inconsapevoli riuniti al di sotto. Per una tradizione secolare, una moltitudine di petali di rose veniva, invece, fatta cadere dall’alto sui fedeli riuniti per la celebrazione della Santa Messa nella domenica di Pentecoste, denominata anche “Pasqua delle Rose”. E’ una delle feste più solenni nella Chiesa cristiana, che rinnova la discesa dello Spirito Santo sotto forma di fiammelle sugli Apostoli nel cenacolo, descritta dall’evangelista Luca.Petali di rosa purpurea sono ossessivamente ricorrenti nelle visioni e nella simbologia della vicenda che si sviluppa, tra sogno e realtà, nel film pluripremiato ‘American Beauty’ (1999). Popolano, diventando una fissazione, le appassionate fantasie sessuali di Lester, maturo padre di famiglia, calamitate dall’amica della figlia, l’adolescente Angela – con le nudità appena celate, adagiata in una vasca da bagno colma di fiori, oppure con questi che fuoriescono a pioggia dalla camicetta slacciata fino a comporsi a un tappeto – ma anche incentrate su se stesso, come quando si toglie un petalo dalla bocca dopo averla baciata o scende dal soffitto una nevicata di petali sul suo viso. Simbolo del legame tra vita, amore, morte, le rose onnipresenti nelle scene della pellicola sembrano lanciare l’avvertimento che le rose sono di notevole bellezza – da qui il suggerimento per la scelta del titolo – ma sono insidiose, hanno le spine e possono pungere.
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